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«L'isolamento genera rivolta»

Autore: Gabriele Santoro
Testata: Il Messaggero
Data: 12 dicembre 2018

A gennaio Éric Vuillard, scrittore e cineasta classe 1968, tornerà in libreria con un titolo, La guerre des pauvres (La guerra dei poveri), che evoca la sollevazione dell'uomo ordinario nelle piazze francesi e ha un'ambientazione storica come il romanzo con cui ha vinto il Premio Goncourt nel 2017. L'ordine del giorno (edizioni e/o, 137 pagine, 14 euro, traduzione di Alberto Bracci Testasecca), che è stato particolarmente amato dai lettori d'Oltralpe, racconta ciò che accade quando inizia a tramontare una democrazia ed è la storia dei compromessi che contribuirono all'ascesa del nazismo. Vuillard raffigura due momenti.

Il primo, nel febbraio del 1933, quando ventiquattro potenti industriali tedeschi, da Opel a Krupp, furono ricevuti dal presidente del Reichstag Hermann Göring e da Adolf Hitler, divenuto Cancelliere un mese prima. E accolsero, senza particolari scrupoli, la richiesta di finanziare la campagna elettorale del partito nazista in vista delle elezioni legislative. Poi lo scrittore affronta un altro incontro. Il 12 febbraio del 1938, un mese prima dell'annessione dell'Austria dalla Germania, tra il cancelliere austriaco Kurt von Schuschnigg e Hitler.

Vuillard, che cosa la colpisce dei Gilets jaunes?

«La composizione è molto eterogenea, dunque risulta complesso. ed errato ricorrere a definizioni sommarie. E difficile inquadrarli. Ciò che mi interessa di più è la sollevazione dell'uomo ordinario. Credo non si possano disconoscere due elementi: la volontà d'emancipazione e la domanda di maggiore eguaglianza».

Considera democratica la pressione dei manifestanti?

«Sì. Anche se la deriva violenta è sempre rischiosa e può compromettere il senso delle rivendicazioni».

La rivolta sarà per definizione temporanea o lascerà un segno?

«Non azzardo previsioni. Senz'altro lascerà una traccia profonda in chi ha partecipato, perché è emerso da una condizione d'isolamento nelle difficoltà. I manifestanti occupano uno spazio che a sinistra è stato lasciato vuoto».

Come valuta la reazione del presidente Macron?

«Bisognerebbe parlare di un'assenza di reazione. Il potere sembra irrigidito e paralizzato. Non si può restare incapaci di reagire politicamente dinnanzi a un'insurrezione di questa forza. L'esecutivo ha mostrato un certo disprezzo per il movimento e si è rivelata una strategia deleteria. Prima si è lasciata marcire la situazione, poi c'è stata una repressione del tutto inedita».

Lei come interpreta il rapporto tra letteratura e potere economico?

«Si ha troppo l'abitudine di dissociare la storia politica ed economica da quella letteraria. La grande conquista della letteratura del diciannovesimo secolo è stata mostrarci come funzionava la realtà sociale con autori dalle differenti sensibilità politiche, quali erano Balzac, Hugo e Zola. Nella stessa maniera ci parlano di come l'economia abbia scritto le relazioni umane. La storia della letteratura è profondamente legata a quella che definiamo da oltre due secoli la concentrazione della potenza economica. Potremmo dire, che tutto ciò è cominciato con la diffidenza di Montesquieu verso il potere che si accentra senza bilanciamenti. Il potere economico ha raggiunto forse l'apice della concentrazione e i contropoteri sono flebili».

Qual è il fondo di eternità della riunione del 20 febbraio 1933?

«Durante la sua deposizione in uno dei processi di Norimberga, Alfried Krupp, che aveva ereditato dal padre Gustav, uno dei partecipanti alla riunione del 1933 con Göring. l'omonimo impero dell'acciaio, spiegò: "Noi non facevamo politica, appoggiammo il partito di Hitler, perché ritenevamo che potesse garantire ordine e stabilità al paese". In quella riunione si potrebbe vedere un momento unico della storia padronale e del capitale, un compromesso inaudito come fu il sostegno finanziario all'ascesa del nazismo».

Che cosa rappresentano questi personaggi?

«Ne Il denaro, Zola ci anticipò che possono vivere duecento anni o più anni, i patrimoni accumulati consentono alle loro creature economiche di risorgere rapidamente e attraversare le stagioni politiche. Jean-Jacques Rousseau con il Discorso sull'origine della disuguaglianza segnò una svolta, destinata a dividere in due la storia del pensiero e della letteratura, denaturalizzando la di disuguaglianza. E ne diede una definizione precisa. Il fondo di eternità è esattamente l'ineguaglianza fra gli uomini, che sempre più determina il nostro mondo dalla rivoluzione industriale.