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Oltre la «parete»: perché il femminismo ha radici per essere anche ambientalismo

Autore: Daniela Poggio
Testata: La 27a ora - Corriere della Sera
Data: 8 gennaio 2019
URL: https://27esimaora.corriere.it/19_gennaio_08/leggendo-marlene-haushofen-oltre-parete-perche-femminismo-ha-radici-essere-anche-ambientalismo-016bb846-136e-11e9-a4df-a6b0a8e62ca7.shtml

Ho iniziato a detestare il fatto di guidare. È successo progressivamente, dapprima ho cominciato a percepire il pericolo delle distrazioni, poi a non tollerare questo insieme di metallo che odora di gasolio e conserva gelosamente la polvere della città. Mi capita soprattutto quando vado al lavoro e mi ritrovo in coda sul ponte della Ghisolfa. Ma anche quando sono in taxi. Una parte di me, sempre più insistente, rifiuta questa idea di mobilità. E forse questa idea di civiltà. Non so se è un caso quindi che mi sia capitato tra le mani, suggerito da un amico che ama i libri almeno quanto li amo io, La Parete di Marlene Haushofen, recentemente ristampato in Italia da edizioni e/o Le Cicogne . Quando l’ho regalato alla figlia del mio compagno mi ha guardato con sospetto: «È un libro famoso?». Difficile dare una risposta. Come tutti i libri della Haushofen, che scriveva sul tavolo della cucina la sera tardi dopo aver assolto alle sue mansioni di donna e madre, La Parete non ebbe immediatamente successo. Pubblicato nel 1963, fu comunque ristampato nel 1968, ma solo nel 1983 conobbe un vero e proprio “rinascimento” imponendosi come punto di riferimento culturale di alcuni movimenti femministi e ambientalisti degli anni ‘80.

Un libro icona del concetto di eco-femminismo. La protagonista del romanzo (come in tutti quelli della Haushofen) è una donna, non ne conosciamo il nome, che durante una gita in montagna, una mattina, si sveglia separata dal mondo da una parete sorta misteriosamente. Per sopravvivere, inizia a dedicarsi all’agricoltura, al raccolto e all’allevamento e matura una relazione intima e simbiotica con la natura, il ciclo delle stagioni, gli animali, grazie ad alcuni almanacchi trovati in casa. L’unica testimonianza della civiltà del consumo da cui è felicemente separata è rappresentata proprio da un’automobile: «Non serbo rancore ai fabbricanti di automobili, del resto hanno perduto qualsiasi interesse da molto tempo. Ma quanto mi hanno tormentata, tutti loro, con cose che mi ripugnavano. Avevo solo questa piccola vita e non me l’hanno lasciata vivere in pace. Tubi del gas, centrali elettriche, oleodotti; ora che gli uomini non esistono più, mostrano infine la loro vera, misera faccia». In realtà questo è forse l’unico punto del libro in cui la Haushofen esce dal simbolismo narrativo per esprimere esplicitamente un punto di vista sulla società.

Non stupisce che Marlen Haushofen abbia finito con l’incarnare l’anelito di un ritorno alla natura e allo stesso tempo un modello di femminilità contrapposta all’elemento maschile

Ma subito il suo pensiero torna a intrecciarsi con la metafora: «La Mercedes di Hugo si è trasformata in una dimora calda e protetta dal vento. Si dovrebbero piazzare più automobili nei boschi, sarebbero luoghi ideali per la nidificazione». È un libro che incanta, che si legge nello spazio di un respiro nonostante l’apparente mancanza di tensione. La protagonista combina nella sua nuova vita elementi tipicamente femminili - come l’accudimento - a tratti “maschili” come il calcolo e la forza fisica. Non stupisce insomma che la Haushofen abbia finito con l’incarnare l’anelito di un ritorno alla natura e allo stesso tempo un modello di femminilità contrapposta all’elemento maschile, considerato causa della violenza nel mondo. La conclusione del libro è molto significativa al riguardo. Ma non diremo di più.

L’insorgere di una parete che separa dal resto del mondo e che diventa una difesa dalla indifferenza suona come una ritirata o come un luogo dove l’altro non può entrare. Forse in quel momento storico ciò ben rifletteva lo stato d’animo di una parte dei movimenti femministi che hanno dovuto ergere confini rigidi per garantire alle donne una serie di conquiste. Eppure c’è un messaggio da trarre anche oggi dai libri della Haushofen. Ed è quello di inserire la difesa dell’ambiente nell’agenda politica di qualunque movimento che si ispiri al femminismo o di qualunque movimento di cui le donne contribuiscano a definire il manifesto. Come ha ben fatto Katharina Shulze, la giovane leader del partito dei Verdi in Bavaria.

La Terra è madre e come donne capaci di dare la vita abbiamo la responsabilità di conservare il nostro pianeta e a livello politico di far salire la tutela dell’ambiente a priorità assoluta La Terra è madre e come donne capaci di dare la vita abbiamo la responsabilità di conservare il nostro pianeta e a livello politico di far salire la tutela dell’ambiente a priorità assoluta. Parlo di promuovere leggi che progressivamente ma convintamente eliminino tout court l’utilizzo della plastica, che accompagnino e forzino la conversione a materie biodegradabili, che tutelino la produzione e l’esportazione dei prodotti biologici dalle infiltrazioni della mafia; parlo dell’attenzione ossessiva alla legalità nello smaltimento dei rifiuti, e di accelerare con ogni mezzo la cultura della mobilità sostenibile con un investimento importante sia in termini economici sia in termini educativi - in collaborazione con le scuole - a favore dei mezzi pubblici e delle forme di condivisione dei mezzi elettrici, soprattutto in città. Un processo che è iniziato ma che è ancora troppo lento rispetto al resto dell’Europa. E non c’è più tempo. Durante uno nei miei viaggi a Parigi, in occasione delle vacanze di Natale, sono salita su uno scooter elettrico, i cosiddetti “City Scooter”, 10 centesimi a km e nessuna preoccupazione per la ricarica perché viene effettuata direttamente dalla società. Se c’è stato un momento nella mia vita in cui sono tornata ad aver una speranza di un pianeta pulito e mi sono liberata da quella sensazione di disagio alla guida dall’auto, è stato quello. E mi è sembrato di volare. Oltre la Parete.