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Aiuto, è nato mio figlio

Autore: Ilaria Zaffino
Testata: Robinson - La Repubblica
Data: 13 gennaio 2019

“Il Corpo pesa tre chili ma ha zero grammi di compassione. Rosso come il demonio, con arti gracili da ratto, la testa enorme, nessuna grazia in lui, pur minuscolo erutta una forza spaventosa”. Stravolta dalla “rissa del parto”, svuotata dallo “spettacolo della gravidanza, la pancia come palco con te sempre sulla scena”, una donna racconta il suo contrastato approccio alla maternità e il rapporto con il figlio che, per tutto il libro, chiamerà provocatoriamente “il Corpo”. Bea ha superato i quaranta, trasgredito tutto ciò che doveva trasgredire (troppo alcol, troppo fumo, troppo in generale), quando, in una notte, per colmare il vuoto esistenziale che si porta appresso decide di rivolgersi a un franchising internazionale di donatori di sperma, “la migliore banca del seme al mondo per aiutare gente senza figli a creare nuova vita”. Che in inglese, come dice lei, suona ancor più speranzoso: “to help the childless create new life”. Inizia così a fare i conti con sale d’attesa del pediatra (“le altre sorridono, il linguaggio intriso di deprecabili diminutivi da asporto: bodini, lenzuolini, pannolini... sei tu l’eccezione”), interminabili battaglie notturne finché lui, il carnefice e artefice di tanto tormento, infine “dorme e non fa più paura”: in una parola nulla è più come nella sua vita “avanti Corpo”. A cominciare dalla presenza ingombrante della saccente tata eritrea, dell’insopportabile analista “Cento euro senza ricevuta”, o della psicologa infantile “Ottanta euro” (“Ti pare che ti reputi più stupida di Cento, forse per quei venti euro di differenza”), che restano senza dubbio i personaggi più riusciti ed esilaranti del libro. Con questo esordio pungente, un po’ romanzo un po’ memoir, Silvia Ranfagni — sceneggiatrice tra gli altri per Verdone e Ozpetek — ci conquista con un linguaggio crudo, frasi che arrivano dritte come stilettate, una buona dose di (auto)ironia e immagini potenti (“il ricordo è una coda di balena che appare e s’inabissa nel tuo umore”, oppure: “fuori c’è una luce da pagnotta tostata”). Si può non condividere, ma sicuramente non lascia indifferenti.