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Adélaïde Bon, La bambina sulla banchisa

Testata: Rai Letteratura
Data: 20 marzo 2019
URL: http://www.letteratura.rai.it/articoli/ad%C3%A9la%C3%AFde-bon-la-bambina-sulla-banchisa/43276/default.aspx

A nove anni Adélaïde ottiene dai suoi genitori il permesso di uscire da sola per una commissione. Vicino al portone di casa incontra un uomo che sale le scale con lei, la immobilizza, le infila le dita nella vagina, il pene in bocca. Traumatizzata, lei va dai genitori, racconta tutto, viene portata in commissariato per la denuncia. La bambina sulla banchisa di Adélaïde Bon, tradotto da Silvia Turato per e/o, è il racconto di quello che ha significato per l’autrice convivere con il ricordo della violenza e insieme provare disperatamente a negarne la portata. L’immagine ricorrente è quella delle meduse, dei loro tentacoli che la trascinano in basso. L’adolescenza e la giovinezza di Adélaïde sono segnate da problemi sessuali, dalla bulimia, dall’abuso di sostanze, e a peggiorare il rapporto che ha con il suo corpo c’è un grave incidente in motorino. A ventun anni comincia una psicoterapia che andrà avanti per lungo tempo; il teatro è la sua passione ma ha difficoltà a gestire la sua voce. Trova l’amore, si sposa, fa un figlio, e anche la gravidanza e il parto sono momenti di grande sofferenza. Il pedofilo viene finalmente identificato e portato a processo: per Adélaïde cambiare la sua testimonianza di allora, sostituire la parola molestie (che aveva rassicurato in qualche modo la sua famiglia) con la parola stupro è un passaggio fondamentale. Solo chiamando le cose per quello che sono riusciamo a liberarci dal loro peso, la negazione è un’ulteriore ferita. La bambina sulla banchisa è una lunga discesa all’inferno, ma con risalita.

"Le immagini di lei finita in pezzi l’accompagnano da troppo tempo per farle paura, no, quello che la spaventa è poter sfuggire alla sua stessa sorveglianza e che una medusa la trascini davvero, per sempre, sotto le ruote, sui binari, fuori dalla finestra. Allora s’insulta, si schiaffeggia, si morde i polsi. Aspetta vicino a un muro che arrivi qualcuno per camminare sulle sue orme e arrivare sana e salva dall’altra parte della strada. Nella metro si incolla al muro della banchina. Non si avvicina più alle finestre dei piani alti."