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L'amore? Una piccola morte diceva il maestro Ibn ’Arabi

Autore: Angelo Molica Franco
Testata: Il Venerdì di Repubblica
Data: 19 aprile 2019

«Il vivificatore della religione» e «Il sommo Maestro»: questi sono solo alcuni dei titoli riconosciuti a Muhyi al-Din Ibn al-’Arabi (1165-1240) – più noto con la forma latinizzata del nome Ibn ’Arabi –, uno dei più vitali filosofi, mistici e poeti arabi. La Storia vuole che i libri e i trattati del maestro fossero numerosissimi, ma che la maggior parte di essi sia andata perduta. Tuttavia, il suo pensiero resta nelle opere giunte fino a noi, fondamentali per tentare di penetrare la cultura musulmana (o più precisamente «il cuore esoterico dell’Islam», direbbe il filosofo René Guénon), quali L’alchimia della felicità, che testimonia la «giusta misura» di cui ha bisogno l’uomo per avvicinarsi a Dio, e La sapienza dei profeti, reputato il suo testamento spirituale.

Oggi, invece, un romanzo racconta la sua vita. Si tratta di Una piccola morte di Mohamed Hasan Alwan, scrittore saudita classe 1979. Ciò in cui riesce magistralmente Alwan, che non a caso con quest’opera ha vinto l’International Prize for Arabic Fiction nel 2017, è scrivere un’autobiografia finzionale di Ibn ’Arabi: giunto alla sera della vita, il mistico si ritira su un eremo in Azerbaigian dentro un capanno a stendere «quel che nessun altro può scrivere e nessuno conosce a parte me», cioè le proprie memorie. Tra la nascita in Andalusia e la morte a Damasco, Ibn ’Arabi ricorda il padre consigliere del sultano Yusuf I, la sua guida spirituale Fatima Bint al-Muthanna, il matrimonio e il divorzio, e poi l’incontro con Averroè, le apparizioni del profeta al-Khidr e il pellegrinaggio alla Mecca, riavvolgendo così la propria esistenza a partire dalla massima aspirazione umana, l’amore, che è sempre «una piccola morte».

In prima persona, la voce dell’autore aderisce perfettamente a Ibn ’Arabi e dà vita a un racconto vivido e insieme reale, che ricorda per il passo solenne Memorie di Adriano perché, proprio come Yourcenar con l’imperatore romano, Alwan inquadra il grande sheikh (maestro spirituale) sufi mentre, eroico e dignitoso, comincia a scorgere il profilo della propria morte.