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“La danza dei veleni” di Patrizia Rinaldi

Autore: Elisabetta Bolondi
Testata: SoloLibri
Data: 8 maggio 2019
URL: https://www.sololibri.net/La-danza-dei-veleni-Rinaldi.html

Blanca non vede, ma sente profumi, odori, passi, atmosfere, silenzi. È una detective in un commissariato nella Napoli odierna, ma la storia che racconta Patrizia Rinaldi nel suo “La danza dei veleni”, non ha nulla degli stereotipi di tanta narrativa poliziesca odierna. Un personaggio originale, costruito con cura, che affronta le indagini mescolando il suo intuito investigativo con una condizione di donna la cui disabilità non diventa mai un vero handicap. È madre adottiva di Ninì, ama un collega, Liguori, ma non corrisponde all’amore per lei di un altro poliziotto, Milani.

L’agente Carità con doppia famiglia, il commissario Martusciello sono i comprimari di questa vicenda che vede la morte di due proprietari di negozi di animali in pieno centro, colpiti da un ragno velenoso. Ma vengono trovati morti anche due giovani veterinari, valorosi militanti nella difesa del contrabbando di animali dai paesi dell’est. C’è poi Sua Signoria, proprietario di una villa nella quale venivano ospitati animali esotici di cui faceva collezione e la collezione comprendeva anche uomini schiavi, assoldati per le sue imprese non troppo pulite, sospettato dei misteriosi omicidi.

Amaltea Ornico, una vecchia proprietaria di una multisala e di due cani che considera figli, a conoscenza di molti risvolti di questa storia, è uno dei numerosi personaggi creati dalla fantasia dell’autrice. Ma in questo, come negli altri romanzi di Patrizia Rinaldi, ciò che colpisce è la qualità della scrittura e l’uso della lingua. Napoli e la sua cadenza dialettale sono in sottofondo, ma depurata e resa letteraria, anche se non mancano le incursioni in modi di dire del parlare quotidiano, non necessariamente dialetto:

“La poesia degli avvistamenti era sporcata da un dialetto strascicato, lo stesso che il commissario usava con Liguori quando voleva offendere la sua parlata precisa”
“Comunque, che mi abbia riconosciuto o meno, a voi di sicuro vi sa. Possiamo fare scemo l’amministratore di un canile, ma non uno che sta servizio da Sua Signoria….”
“Semplice, perché sei una scartina. Così alleati e nemici pensano che e me non me ne fotte assai di quello che sta succedendo. Invece no, me ne fotte. Perciò dimmi.”

La parlata precisa, “vi sa, fare scemo, una scartina, me ne fotte assai” tutte parole o locuzioni idiomatiche che si inseriscono in un linguaggio molto espressivo, pieno di metafore, di figure retoriche usate con sapienza: il profumo di albicocca che definisce la giornalista rampante, l’odore della paura, la puzza del cane Guaio ritrovato morente. Compaiono molti personaggi femminili nel romanzo di Rinaldi, tratteggiati con realismo psicologico, come la risorta Viviana, ferita da un antico stupro, o la “signorina” Amaltea, risorta anche lei da una vita da zappaterra, o Sofia, giornalista che non esita ad usare con spregiudicata freddezza le armi della seduzione per acquisire informazioni. Ma Blanca resta la vera protagonista, Blanca innamorata, tradita, fedele, coraggiosa, razionale, Blanca selvatica, chiusa nel suo rifugio, ma anche madre esemplare e poliziotta onesta, in un contesto difficile, ma che nella ricostruzione ambientale fatta dall’autrice non è mai ovvia. Blanca che non vede il suo corpo, ma lo offre all’amore, che ricorre alla figlia per scegliere i vestiti che non vede, capace di ascoltare voci e rumori che nessuno sa riconoscere, colpisce per la sua umanità e la voglia di normalità di cui sembriamo avere tutti reale grande bisogno. Un bel personaggio davvero.