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La bambina sulla banchisa

Testata: La lettrice assorta
Data: 3 luglio 2019
URL: https://ilviziodileggereblog.wordpress.com/2019/07/03/la-bambina-sulla-banchisa-di-adelaide-bon/

L’estate è arrivata, assieme alla calura, le zanzare e le infradito. La lettura che ho appena terminato però, è stata in grado di raggelarmi il cuore e la mente. LA BAMBINA SULLA BANCHISA di Adélaïde Bon è un libro intenso, coinvolgente, non adatto a tutti i palati in quanto affronta un argomento forte, che potrebbe turbare gli animi più sensibili, soprattutto quando si apprende che la storia è autobiografica: le parole impresse sulle pagine assumono la consistenza viscosa del catrame e scorrono dense e scure, quasi prive di speranza fino al finale.

La storia è quella di Adelaide, una bambina di nove anni che vive a Parigi con la sua famiglia, LA BAMBINA SULLA BANCHISAbenestante e amorevole. Un maledetto giorno di maggio la povera ragazzina subisce una violenza che la condizionerà per tutta la vita, spingendola in un tunnel di dipendenze, autolesionismo, attacchi di panico e disturbi di relazione. Adelaide cresce tra sensi di colpa e paura. Punisce il suo corpo rimpinzandolo e chiedendo aiuto a Dio che dall’alto dei cieli ascolta, ma tace. “Cerca di comportarsi bene, di non dare dispiaceri. Diventa sempre più triste e non sa il perché. Sorride, mente, svia l’attenzione. Si vergogna. L’importante è che nessuno se ne renda conto, non lasciar intuire, non lasciar trasparire niente.”

LA BAMBINA SULLA BANCHISA è il racconto di una guerra che si combatte strenuamente all’interno della mente di Adelaide, senza che nessuno al di fuori, si accorga di nulla. Il mondo intorno a lei sembra tacere. Alcune notti si sveglia nel mezzo di un sogno indefinito e le sembra che i margini del suo corpo sfumino e si dissolvano in un deserto di sabbia che turbina e lei scivola e sprofonda sempre più in basso. Un sogno sporco e inafferrabile.

Il modo di scrivere dell’autrice, reso molto bene dall’ottimo lavoro di traduzione, appare distaccato e privo di qualsiasi forma di vittimismo, quasi a voler prendere le distanze per essere più razionale ed obbiettivo possibile. Il risultato è un racconto impressionante, drammatico e dalla straordinaria forza catartica.

Il colpo di scena arriva inesorabile trascorsi vent’anni dalla violenza, quando finalmente, grazie al lavoro di un’impiegata zelante della Squadra di protezione minori, il responsabile viene catturato. Per Adelaide e per le altre vittime è giunto il momento di confrontarsi con i propri fantasmi e cercare di venire a patti con un’esistenza fino a quel momento scandita da un unico ritornello di sofferenza e solitudine.

Ho amato e odiato questo libro, ho sofferto con la protagonista, empatizzato con i suoi dolori. Una lettura che tratta di un argomento difficile, scritto in maniera brillante, che spinge il lettore a confrontarsi con una delle brutture più abominevoli e abiette della natura umana: la molestia e lo stupro di minori. A causa del linguaggio esplicito e delle circostanze trattate, non è adatto alle persone più impressionabili. Devo ammettere che io stessa ne sono rimasta fortemente colpita.