L'inquietudine è un viaggio misterioso che non finisce mai. E quando i viaggi affrontano ricordi di altri viaggi (con la paura compagna di ogni minuto) passato e presente danno un senso etico alla memoria. Che mai insegna qualcosa.
Si ricomincia sempre cercando le stesse idee, magari schive e solidali con i problemi del tempo. Le Irregolari di Massimo Carlotto rivela nel sottotitolo di che pasta è fatto un romanzo verità, dove le canaglie continuano la vita beata e le vittime cercano con pazienza la loro verità.
Buenos Aires horror tour, appunto, corriera nella notte con una guida impegnata a riesumare macabri santuari del passato. L'autore deve il protagonismo al nome. "Carlotto... " si incuriosisce il portiere di un piccolo albergo in avenida Corrientes. "Sei parente con la donna che guida le Nonne di Piazza di Maggio?".
Ecco riemergere il ricordo di un nonno tornato senza fortuna da una interminabile emigrazione argentina. E piazza di Maggio evoca le madri dal fazzoletto bianco: cercano migliaia di figli svaniti nelle caserme dei generali P2. oppure nonne che dopo la morte dei figli vogliono trovare almeno i nipoti: sono vivi. I militari ne aspettavano la nascita prima di eliminare le ragazze. Bambini, merce da vendere. Avendo frequentato quei giorni e quegli anni, devo dire la verità, ho aperto il libro con la tristezza di scoprire solo "nuovi inferni", come ripeteva ogni mattina lo scrittore Ernesto Sabato mentre usciva di casa per presiedere la commissione Nuncamas, tribunale creato per dissotterrare orrori e inchiodare colpevoli. "Nuovi inferni?", voglio sapere ma Carlotto risponde con parole vaghe: prima leggi poi parliamo. Respiro la delusione: possibile che io non capisca? Man mano che le pagine si sfogliano, il suo vagare nella notte di Buenos Aires dove il tango continua ma il dolore non si spegne, rivela una frenesia più profonda. Vuol scoprire. è vero, i posti del dolore, incontrarne i protagonisti come il capitano Astiz, torturatore di suore, assassino delle fanciulle che violentava. Ne spia il sorriso appena impallidito mentre ravviva "il ciuffo impertinente" e beve champagne fra due fate che nell'Argentina della democrazia senza memoria non sanno, ancora, del suo sadismo.
Carlotto si lascia guidare nella topografia dei delitti, ma insegue, soprattutto, i sogni di un'altra stagione: quel Sessantotto finito in prigione a Padova o nella clandestinità dell'America Latina delle guerriglie. Vuol capire perché i sogni sono finiti. E dove sono finiti altri ragazzi che gli somigliavano nell'utopia. Una ragnatela li aveva uniti e divisi in Salvador, Nicaragua e in tanti posti dominati dagli occhiali neri dei militari. Continua a correre. Scavalca l'Argentina e va in Cile. Per riannodare i fili: malgrado gli abbracci, la ruvidezza dei caratteri non disarma. E la nostalgia lo fa salire in Perù alla ricerca di un amico che Fujimori ha sepolto nelle sue prigioni senza speranza. Non lo trova, lo hanno ucciso.
"Ha lasciato un figlio, madre venezuelana...". Anche la madre ha abbandonato il bambino mentre sfuggiva le polizie con tanti nomi. Adesso è un ragazzo. Vive a Nancy nella casa di intellettuali della stessa stagione: avevano coltivato, pacificamente, illusioni uguali alle sue. Bisogna dirgli come è morto il padre e che la madre è viva?
Ecco l'ultima corsa di Carlotto verso la fine del racconto. Intuisce che il bambino può risolvere i suoi problemi sepolti: aiutarlo a scoprire l'infanzia negata per ritrovare la propria maturità. Il fascino delle "Irregolari" ricorda gli inseguimenti di un narratore amico dell'autore: povero Osvaldo Soriano.
Stessi passi trafelati ed allucinazioni che una scrittura lieve trasforma nelle emozioni di sentimenti più quieti che mai - per il momento - Carlotto si rassegna a confessare.