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L’odore di Trieste

Autore: Dario Olivero
Testata: Bookowski
Data: 9 febbraio 2011

Trieste siamo più abituati a definirla per esclusione. L’ennesima ultima sigaretta di Zeno, la bora che ti sposta di quattro passi raccontata da Stendhal, il Castello di Duino sospeso nel mare cantato da Rilke, i paesaggi lunari del Carso di Ungaretti dove finisce la cultura dell’olio d’oliva e comincia quella del burro, le geometrie senza struttura di Joyce, che per undici anni in città affinò le idee che cambiarono per sempre la letteratura.

Trieste satura del profumo dello stoccafisso, del fumo di ciminiere e del fumo che sa di caffè tostato. Tutte cose eteree, leggere, che poi è l’idea che ognuno ha di Trieste: odori, vento e passaggi, di uomini tra est e ovest durante la Guerra fredda, e la tragedia dei Balcani, di carichi di legname da ovest a est quando la città era il più grande porto commerciale dell’Adriatico. Trieste senza passato e per questo votata al futuro. Piena di bar, la densità più alta per chilometro quadrato in Italia, e piena di sapori, ricette, vino. Non è una guida turistica, né un’antologia di racconti, ma è sicura¬mente una miniera di informazioni Trieste, la città dei venti di Veit Heinichen e Ami Scabar. In effetti, è un ricettario colto. Un piatto, un aspetto di Trieste, un sapore, una storia. Acciughe salate sott’olio, minestra di castagne e porcini, sgombri al forno con crema di ricotta e rafano.
Sembra De André, sembra Creuza de mä. Forse non c’è modo migliore per capire un posto, una città.

Trieste, la città dei venti di Veit Heinichen e Ami Scabar, e/o, 16 euro