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Recensione: “Ossigeno” di Sacha Naspini

Testata: Punto di partenza
Data: 20 ottobre 2019
URL: https://pdplibri.wordpress.com/2019/10/21/recensione-ossigeno-di-sacha-naspini/

Questo è un libro che si muove in una direzione completamente diversa rispetto ad altri che trattano lo stesso tema. Abbiamo un rapimento, una bambina di otto anni che sparisce e un orco cattivo che la tiene rinchiusa. Se vi aspettate di sapere nei particolari cosa accade durante i quattordici anni in cui Laura, la bimba rapita, è rimasta confinata dentro un container o di sentire i pensieri contorti e sbagliati del rapitore, avete sbagliato. Qui, fra queste pagine, ci viene raccontata la vita di chi gravita intorno a queste due persone, alla vittima e al carnefice, e di come le loro vite vengano macchiate, intaccate e distrutte. Tutto inizia da quella che potrebbe essere considerata la fine, l’epilogo felice: la liberazione di Laura. Ma, se quella è la fine di un incubo, è anche l’inizio di nuovi e complessi scenari, che vedono vite di altri innocenti disgregarsi sotto il peso di una verità insospettabile.

Un libro diviso in blocchi. Ognuno dedicato a un personaggio, ognuno racconta una parte della storia, la stessa. Perché se Laura è la vittima chiusa dentro una scatola di latta, non è la sola a cui è stata rubata la vita.

Il primo a parlare è il figlio dell’orco. Luca. Un ragazzo tranquillo, gentile, mite, senza grandi drammi, senza eccessi. Una vita come tante, la sua, fatta di una quotidianità che rasenta la noia, in cui l’unico suo trauma è stato la morte della madre. Vive un’infanzia serena, con un padre attento e presente, che riesce a trasportarlo in modi antichi con i suoi racconti. Un padre che non ha mai alzato la voce, né mostrato segni di violenza o di rabbia. Un figlio e un padre come tanti. Un figlio che deve ricostruire la sua esistenza quando una sera a casa bussano i carabinieri e il padre viene arrestato per uno degli atti più orribili che si possano immaginare.

Il giorno in cui hanno liberato lei hanno rinchiuso me.

In quel momento le fondamenta su cui si reggeva la sua intera esistenza si sgretolano. Tutto ciò che credeva di sapere su suo padre, colui che lo aveva allevato, formato e supportato, diventa un’enorme menzogna. La vergogna, uno strano e sottile senso di colpa, la paura che in lui ci sia lo stesso germe cattivo che non aspetta altro di germogliare e renderlo un orco come chi lo ha generato, sono cose che dominano la sua nuova quotidianità.

Il punto non è che mio padre è mio padre. Il punto è che sono suo figlio.

E gli sguardi, quelli degli amici che ormai sono spariti, dei vicini di casa…

La mia identità non è solo quel che percepisco; è ciò che percepisce la gente.

E poi c’è la mamma di Laura. Una vita alla ricerca di qualcosa di più, un marito che poco per volta è diventato un mezzo estraneo che cammina per casa, dove solo i conti e le bollette avevano importanza. Un lavoro che odia, ma i soldi servono. E quella figlia. La sua luce un po’ dimenticata, messa da una parte ad aspettare, perché la vita ti porta via il sorriso anche verso quella creatura che ami tanto. Quando Laura sparisce, tutto crolla. La speranza diventa un lusso. Il matrimonio una gabbia. Il dolore una certezza.

La sparizione di una figlia è un tritacarne che strappa la pelle agli amanti scelti dall’universo: chi è tenuto insieme con lo sputo è spacciato.

E quando Laura torna a casa, la gioia per la figlia ritrovata diventa qualcosa di strano, un senso di disagio indecifrabile le striscia dentro. La vita che a fatica si era costruita vacilla.

Il ritorno di Laura ha sorpreso una donna che si è rimessa insieme con il filo spinato.

Un libro che tratta vari argomenti, vari livelli di dolore e follia. Con parti scritte in prima persona e altre in terza, a seconda del punto di vita che ci viene raccontato, dando in questo modo un’attenzione ai particolari diversa, di volta in volta entriamo in piccoli micro cosmi legati da un filo sottile. Una scrittura rapida, che non indugia su falsi moralismi, che ci snocciola fatti, sentimenti e sensazioni senza diventare pesante o cadere nel morboso racconto di situazioni spinose. Una cosa particolare è che mai sentiamo la voce, i pensieri di Carlo Maria Balestri, il rapitore. Lui ci viene descritto come padre, come carnefice, da chi lo conosce o da chi lo ha vissuto, ma rimane solo un ricordo, la scintilla che ha acceso la bomba che tutto ha distrutto, e a cui viene tolta la voce.

Un libro da leggere, un percorso alla ricerca di una normalità che diamo per scontato da personaggi che, loro malgrado, condividono uno stesso destino.