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Elena Ferrante Fever, il fenomeno è tornato

Autore: Riccardo De Palo
Testata: Il Messaggero
Data: 6 novembre 2019

«Non sono saggia, ma leggo molti romanzi» dice la protagonista del nuovo romanzo di Elena Ferrante, Giovanna detta Giannina, alle prese con gli inevitabili rovesci dell'adolescenza. «No, dico sul serio: invece che parole mie, mi vengono in mente frasi dei libri».

Nei romanzi si finisce per mettere frammenti di sé dentro tanti personaggi, così è l'amore dell'autrice per Madame Bovary di Flaubert ad emergere fin dalle prime pagine di La vita bugiarda degli adulti, da domani nelle librerie italiane. La protagonista (e io narrante) ascolta in casa una frase pronunciata sottovoce, e scopre con sgomento di essere considerata «molto brutta» dal padre. Non solo: la paragona all'odiata sorella, sua zia Vittoria. Difficile non pensare al personaggio di Flaubert che dice della figlia: «Strano, com'è brutta questa bambina». È proprio Elena Ferrante a ricordare (in Frantumaglia) come quel libro l'avesse tanto colpita, e come tendesse a indentificarsi nella piccola Berthe, e a vedere in Emma, piuttosto, la propria madre.

LA SVOLTA

È attraverso questo incauto aggettivo, così maldestro e definitivo, che la tredicenne comincia a interessarsi alla zia misteriosa, che le suscita un groviglio (Ferrante scriverebbe garbuglio) di sentimenti contrastanti, che l'accompagneranno fino ai sedici anni e all'ingresso nell'età adulta. La sua storia è soltanto il primo capitolo di una nuova saga? Forse. L'editore e\o non si sbilancia.

Il libro della scrittrice dall'identità misteriosa (o almeno, non ancora svelata del tutto) è un'educazione sentimentale (altro titolo flaubertiano) che passa attraverso le prove tipiche dell'adolescenza. L'attaccamento per la zia reietta, così popolana e diretta, sfocia nella ribellione, nel confronto aperto con i genitori borghesi. Sarà questo rapporto con una persona così diversa da lei, ad aprirle gli occhi sulle bugie degli adulti.

Questo romanzo lanciato con una scaltra operazione di marketing, inviato nottetempo a pochi giornalisti via email, con un file criptato, la password sussurrata con modi carbonari, mette in campo il meglio del repertorio di Elena Ferrante. Le istruzioni per l'uso accluse dall'editore forniscono anche il tempo di lettura consigliato: 5\6 ore. Così, si trascorre la notte con Elena Ferrante. Si scopre, fino all'alba, la solidarietà tra adolescenti, il senso dell'affetto tradito e del rimorso, il percorso accidentato che compone ogni vita. Non era facile raccontare l'adolescenza, periodo così denso di aspettative e di trasformazioni, senza incorrere nei luoghi comuni che - sempre Flaubert - volle raccogliere in un apposito Dizionario.

Questa notte in molte città italiane si terranno veglie in stile Harry Potter. Ci saranno eventi battezzati Ferrante Night a Torino (Circolo dei lettori, via Bogino 9), a Roma (Libreria AltroQuando, Via Del Governo Vecchio 82, e Feltrinelli, Largo Argentina), a Napoli (Feltrinelli, Piazza dei Martiri) e Milano (Feltrinelli, C.so Buenos Aires). Letture, proiezioni, con svelamento (e acquisto eventuale) del libro a mezzanotte.

Saranno appuntamenti molto affollati e non è difficile capire perché. In questo mondo letterario popolato di ego ipertrofici e prose elevatissime, è comparsa un'autrice che non vuole dire niente di sé. O meglio: che parla anche del proprio vissuto, ma lo fa soltanto attraverso la lente della narrativa, della fiction. Che fa, insomma, quello che dovrebbero fare gli scrittori. Non ci saranno interviste (a meno che proprio non sia proprio necessario), non ci saranno dibattiti col pubblico. Insomma, Elena Ferrante non sarà mai - per citare un lapidario titolo di Antonio Manzini - Lost in Presentation. Ed è questa la sua fortuna.

STORYTELLER

Se al mistero dell'identità sommiamo la capacità di raccontare storie con una prosa musicale ma disadorna, accessibile, il capriccio di confrontarsi prima di tutto con le fragilità e i paradossi dell'esistenza umana, la formula per la tempesta perfetta è servita. Per raccontare il primo innamoramento basta dire: «Com'erano belli e tremendi i suoi occhi chiari intagliati nel viso scuro, le dita lunghe, le labbra lucide». E per far scomparire le illusioni: «Non sai niente, Giannì, parli in italiano ma non sai niente. L'amore è opaco come i vetri delle finestre dei cessi». Napoli, molto citata, è il fondale naturale, ma resta sempre sullo sfondo. Ciò che importa sono i rapporti tra le persone: le famiglie che si sgretolano, i ragazzi che si innamorano, i parenti che si vendicano. Banalità? Forse, ma è la vita.