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Recensione 'Ossigeno' di Sacha Naspini

Testata: Appunti di una giovane reader
Data: 7 gennaio 2020
URL: https://appuntidiunagiovanereader.blogspot.com/2020/01/recensione-ossigeno-di-sacha-naspini.html

Sono le otto di sera del 6 ottobre 2013 quando l'irreprensibile e stimato professore universitario di antropologia, Carlo Maria Balestri, viene arrestato dai carabinieri, che irrompono nella sua abitazione, sotto lo sguardo attonito del figlio Luca, con l'accusa di rapimento, tortura, omicidio e occultamento di cadavere. Quella stessa sera, infatti, alle porte della città, sul ciglio di un faggeto, lontano dai campi coltivati, viene ritrovata, in un container seminascosto dalle fronde di un vecchio salice, dopo quattordici anni di prigionia, Laura, una ragazzina scomparsa il 12 agosto del '99, all'età di otto anni.

È in questo modo che prende avvio Ossigeno, il nuovo romanzo di Sacha Naspini, dal titolo altamente evocativo, che dai più è stato definito, a giusta ragione aggiungerei, claustrofobico. Una claustrofobia che, per la verità, si riflette anche negli spazi, nei movimenti e nei pensieri delle diverse voci che accompagnano il lettore nel corso di tutta la narrazione.

Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, Ossigeno non è un romanzo che focalizza la propria attenzione sul responsabile della vicenda, il cosiddetto Mostro del Golfo, anzi, lo stesso viene posto quasi in secondo piano per porre i giusti accenti su quello che può essere considerato il vero e proprio protagonista: il dopo, quello che resta dopo una tragedia di una gravità immane e come questo male vada ad intaccare e ad amalgamarsi alle esistenze dei sopravvissuti, tenuti insieme anche se da prospettive diverse. A farne le spese sono le anime incrinate di coloro che, capitolo dopo capitolo, in un alternarsi di voci interne ed esterne, si raccontano al lettore, spogliati di ogni corazza.

Ricostruendo il proprio passato sarà lo stesso Luca, colui che viene additato come il figlio del mostro, a porre l'attenzione sui nodi fondamentali di un rapporto padre-figlio tra un genitore vedovo, che sente l'obbligo di colmare l'assenza della genitrice, temendo che la vita del proprio bambino sia ormai timbrata da un baratro senza speranza pronto ad inghiottirlo, ed una progenie che, pur vivendo lo stesso tipo di dolore, sente forte l'esigenza di distaccarsi da quella forma di alleanza quasi morbosa per riconquistare il silenzio che da sempre aveva interessato il loro legame. Due persone distinte ma che l'opinione pubblica non è più in grado di separare. Luca è nato e cresciuto nelle stanze del Male, la sua identità, ormai, è strettamente legata a quello che percepisce la gente. Luca non ha vie di fuga, è completamente invischiato nell'incubo che è frutto di un esperimento perverso del genitore.

Accanto a lui Anna, la mamma di Laura. Una donna che, a seguito della scomparsa, ha visto andare in pezzi quel che restava di una vita già di per sé insoddisfacente. Una donna che ha perso sé stessa, annientandosi a poco a poco, preda di un'esistenza che ammazza e di un dolore che acceca e che si ritrova a dover reimparare a parlare ad una figlia sopravvissuta a quattordici anni di reclusione che, per quanto geneticamente legate, in verità non è altro che un'estranea.

Ed è proprio Laura il tassello che unisce le diverse esistenze. Una Laura che deve esser rieducata al vivere dopo le privazioni di una prigionia durata più della metà dei suoi giorni, durante la quale ha dovuto adattarsi al cambiamento, quello stesso cambiamento che la fa sentire a casa tra le mura di un container e in totale apnea nel mondo esterno dove la libertà può metterti davanti ad un ventaglio di ipotesi inaspettate.

Unica pecca, che in verità riguarda il mio personalissimo gusto e non va ad inficiare in alcun modo la lettura, è l'assenza di un quadro narrativo incentrato proprio sul Mostro del Golfo, descrivendo la psicologia e le azioni di un uomo che, almeno all'apparenza sarebbe dovuto appartenere alla fazione dei buoni.

Nonostante ciò, però, Ossigeno è una lettura che si insinua lentamente tra le pieghe dell'animo del lettore, che lo travolge con l'onda imprevedibile del destino e lo lascia annaspare nervosamente fino all'appiglio che gli consentirà quella boccata d'aria, quell'ossigeno tanto cercato e non trovato. Con una scrittura agile ed un lessico fluido, Naspini racconta di gabbie che non sono solo fisiche ma soprattutto psicologiche, di distanze che diventano scudi insormontabili, di solitudine e della paura che la stessa genera. Al pari di un pittore pazzo ricompone su tela le vite di coloro che restano, entra nelle menti dei suoi personaggi ed invita il lettore a compiere lo stesso viaggio, alla ricerca del marcio, di quello che si nasconde dentro ognuno di noi.