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Red Girls: una famiglia che attraversa il Giappone del dopoguerra

Autore: Andrea dokusha
Testata: Otaku's Journal
Data: 3 gennaio 2020
URL: https://www.otakusjournal.it/red-girls-famiglia-che-attraversa-il-giappone-del-dopoguerra/

Red Girls racconta la vita della famiglia Akakuchiba in una regione periferica del Giappone. Attraversando tre generazioni ci viene così narrata una storia che spazia dagli anni ’50 ai giorni nostri, fino agli inizi del 21° secolo. Se vogliamo è escluso solo il periodo dell’ultima crisi economica globale. Tre parti compongono il libro: in ciascuna è protagonista una delle donne che guidano gli Akakuchiba in una diversa epoca. Le decine di personaggi ed eventi che vengono introdotti formano un ritratto diacronico della provincia giapponese, periferica rispetto alle grandi città.

Red Girls è un romanzo di Kazuki Sakuraba, pubblicato nel 2006 in Giappone e portato in Italia da Edizioni e/o, a Settembre 2019. La sua autrice è nota per leggere una quantità impressionante di libri (più di 400 all’anno!). In patria si è guadagnata diversi premi letterari: con Red Girls ha vinto il “Mystery Writers of Japan Awards”. Il titolo originale dell’opera è “赤朽葉家の伝説” (Akakuchibake no densetsu, “La leggenda della casata Akakuchiba”).

Con questa recensione cercherò di trasmettervi cosa mi ha colpito di più e cosa ho pensato in generale del libro. Eviterò di rovinare la storia a chi non l’ha ancora letta, quindi non ne svelerò le sorprese, per quanto possibile.

Red Girls: la storia del Giappone contemporaneo

Akakuchiba (赤朽葉) in giapponese significa “foglie marce rosse”. Sono le foglie degli alberi che in autunno si staccano dai rami e si colorano di un rosso scuro e intenso. La grandiosa residenza della famiglia è completamente circondata da simili alberi ed è internamente arredata di rosso. Rosso come il ferro fuso che è lavorato nelle fonderie Akakuchiba. Da qui il titolo “Red Girls”.

Il romanzo parte con Man’yō, giovane chiaroveggente e abitante del villaggio di Benimidori. È situato ai piedi delle montagne del Chūgoku sulle coste del Mar del Giappone, dove il cielo è sempre carico di umidità. Il villaggio è dominato dall’immensa dimora dell’antica famiglia Akakuchiba, in cui si sposterà il racconto da un certo punto in poi.

Ogni aneddoto mostra delle sfaccettature dell’universo in cui è ambientata la storia. Ci vengono presentati il mondo dei bambini, le preoccupazioni per gli affari della grande azienda, gli amori e le gelosie dei protagonisti, aspetti della società che influenzano il modo di vivere delle persone e tanto altro. Mettendo tutto insieme si arriva a una visione complessiva di quella che è stata non solo la vita dei personaggi, ma anche la storia di un’intera regione del Giappone durante gli ultimi settant’anni, che è poi più in generale legata al destino della nazione nel complesso.

L’autrice riesce così a immergerci nello spirito proprio di ognuno dei periodi di cui di volta in volta parla. Ogni personaggio occupa una nicchia della società che viene illustrata attraverso di lui. In questo modo ho capito l’ottimismo e la forza di volontà del secondo dopoguerra giapponese, ma anche qual era il senso della vita da “teppista” che vedevo negli anime di quando ero bambino (risalenti spesso agli anni ’80), che decontestualizzata perdeva il suo significato originario. Abbiamo alcuni accenni alle proteste studentesche del ’68 e traspare il disorientamento dei giovani giapponesi di oggi, in cui tra l’altro si potrebbero riconoscere anche molti altri giovani italiani.

Insomma, Red Girls è stata una lettura sicuramente istruttiva, ma non per questo pesante. Al contrario, i racconti scorrevano con leggerezza caratteristica. Gli eventi tristi non mancano, ma sono seguiti da altri aneddoti che subito portano il cuore più in là. Quando un velo di tristezza cala lo fa su un personaggio specifico, ma non sul libro nel suo insieme. La narratrice mantiene un tono appena distaccato per le prime due parti. È così che veniamo trascinati alle ultime pagine, dove agli episodi del passato si sostituisce una sorta di thriller investigativo low-key. Il mistero da svelare ha tenuto viva l’attenzione fino alla fine. Devo ammettere però che ho risolto prima della protagonista l’enigma.

Osservazioni personali

Essendo appassionato di cultura giapponese ho trovato fin da subito affascinante questo romanzo che colora le sue descrizioni con gli elementi della tradizione, ponendoli in contrasto con l’avanzare dei tempi. Sono anche appassionato di storia, perciò ho apprezzato particolarmente gli accenni agli eventi del passato. Devo precisare che il carattere storico è presente soprattutto nelle prime pagine, che raccontano “l’epoca mitologica” del villaggio.

Rose fucile

Nel romanzo ci sono numerose coppie di donne legate da un rapporto molto particolare. Non parlerei propriamente di amore romantico, ma sicuramente si tratta di legami profondi, che accompagnano le protagoniste per tutta la loro vita (e in alcuni casi nella morte). In questo libro dove le voci sono soprattutto femminili, però, ho notato che gli unici personaggi apertamente omosessuali sono alcuni uomini. Non ci leggo un significato particolare al momento, si tratta solo di un’osservazione.

Credo sia da riferire a loro l’accenno contenuto nel termine “rosa fucile”, che l’autrice ha coniato unendo i nomi di due fiori in giapponese. Si tratta del giglio di Pasqua (Lilium Longiflorum), in giapponese “giglio fucile” (teppō yuri), che simboleggia gli amori tra donne, e la rosa rossa, che simboleggia gli amori tra uomini. Le rose fucile nel racconto sono i fiori bruciati per richiamare col loro fumo violaceo gli abitanti della montagna. Questo affinché essi vengano a prelevare il corpo di un defunto, in caso si tratti di una persona giovane e sfortunata. Effettivamente alcune delle morti in giovane età a cui assistiamo nel libro sono di ragazzi omosessuali.

Personaggi (Red Girls)

Uno dei miei personaggi preferiti è senza dubbio “Telescopio”, alias Kurobishi Midori: fa la sua comparsa come bambina viziata che tormenta la povera Man’yō, per poi continuare a spuntare lungo tutto il libro, evidentemente incurante del fatto che la sua presenza fosse richiesta o meno. Il suo rapporto di amicizia con Man’yō ha qualcosa di speciale e porta sempre una ventata d’aria fresca tra le pagine. Scrivendo queste righe ho anche capito cosa intendesse l’autrice nella postfazione: Kurobishi Midori è spontanea e fa quel che vuole, restando una voce fuori dal coro anche tra i personaggi del romanzo.

Altro personaggio che mi ha colpito è Kemari, la temibile teppista di casa Akakuchiba. Dopo avermi commosso con una indole dolce nascosta sotto una scorza ruvida, tuttavia, mi ha dato un grande dolore nel suo “non diventare adulta”. Per evitare di rovinare la lettura non scenderò nei dettagli. Dirò solo che questo ha compromesso il rapporto con la figlia e in definitiva l’esistenza della giovane donna. Adoravo leggere di lei che si intrufolava in camera del fratellino per passare il tempo con lui.

Conclusione

Proprio come dice la postfazione si tratta di un romanzo grandioso e divertente. Leggero ma affascinante, attraverso una sequenza di scene che raccontano il passato Red Girls mi ha sia fatto ridere che commosso (anche le due cose conteporaneamente).

Parlando di gradimento personale, mi aspettavo qualcosa di più dopo aver letto l’incipit: una storia che portasse a destinazione il lettore con la forza acquisita ripercorrendo il passato. Al termine della lettura arriviamo però ai giorni nostri solo per essere lasciati con un senso di vaga inquietudine e smarrimento. Come se i tempi andati capaci di dare ordine al cosmo fossero ora sbiaditi e perduti. Il loro posto non è stato preso da qualche altra forza capace di sorreggere l’individuo, che contando sulle proprie forze deve trovare ancora il suo posto nel mondo.

Il volume è corredato da un utile glossario, scelta che ho gradito molto. In conclusione, consiglio il libro come una bella lettura per imparare qualcosa sul passato del Giappone odierno e per avvicinarsi a una delle sue scrittrici contemporanee.