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La verità su Lady Diana

Autore: Giulia Stock
Testata: GiudizioUniversale.it
Data: 16 marzo 2011

Della francese Laurence Cossé era stato accolto bene La libreria del buon romanzo, il suo ultimo lavoro tradotto in Italia solo pochi mesi fa. Ora, con L'incidente, si ispira allo scontro automobilistico in cui perse la vita la principessa e prova immaginare la storia di chi stava al volante nell'altra macchina. Un cambio di rotta improvviso, che porta la scrittrice fuori strada.

Lady Diana è morta in un incidente d’auto il 31 agosto 1997 nel tunnel dell’Alma a Parigi. Al di là delle ipotesi più o meno deliranti sull’esistenza di un complotto dei servizi segreti inglesi architettato dalla stessa famiglia reale per eliminare la principessa scomoda, l’incidente è stato provocato dall’alta velocità e dalle cattive condizioni del guidatore, che cercava di sfuggire alle auto dei paparazzi ubriaco e sotto l’effetto di psicofarmaci. Ma la causa scatenante della sbandata e dello schianto finale è stato l’urto della Mercedes con una Fiat Uno bianca, che procedeva nel tunnel a bassa velocità. L’auto non è mai stata ritrovata, il conducente mai identificato. Laurence Cossé, autrice francese meritoriamente portata in Italia da e/o qualche mese fa con l’avvincente La libreria del buon romanzo (di cui avevamo parlato in uno dei nostri manifesti) immagina e racconta chi stesse guidando quella macchina, e come la sua vita sia stata stravolta dall’incidente.
 
Però: perché alla giovane protagonista non passa mai per la testa l’idea di andare a costituirsi? È davvero così terribile l’idea di finire in pasto alla folla? Il rischio di diventare preda dei paparazzi è così spaventoso da preferirgli l’omicidio e un sostanziale cambio d’identità? “Quei ladri di immagini non si fermano davanti a niente, ti vengono a fotografare a letto, in bagno, in mutande mentre ti provi un vestito nel camerino di un negozio, pagano i tuoi colleghi di lavoro perché confermino che sei effettivamente una ragazza strana”. O forse, in realtà la vita di Louise non le piaceva affatto e questa è stata una buona occasione per cambiarla? Se è così, a che prezzo.
 
Del resto, dalla sua vita precedente esce un quadro desolante delle relazioni umane: è una che può accontentarsi di rendere noto alla madre di un cambio di indirizzo, di fidanzato e di vita, con una breve conversazione telefonica, senza ulteriori spiegazioni; una che non ha neppure un’amica, un fratello, un collega a cui dare conto veramente di quello che le sta succedendo. Poco credibile anche la velocità con cui si trasforma in preda, quando qualcuno, un estraneo più attento di parenti e amici, decide di approfittare del suo segreto e la rapisce per vendere la sua testimonianza ai giornali.
 
Lou resta sconosciuta, di fatto sfuggente e impenetrabile anche a noi lettori. E non va proprio bene, considerando che dovremmo stare nella sua testa, a seguire un flusso di coscienza che talvolta passa alla terza persona ma rimane con il punto di vista fisso su di lei. Questa protagonista non è un vero personaggio. Per non parlare degli altri, dall’evanescente fidanzato Yvon, non si sa quanto consapevole dei veri motivi dell’abbandono di lei, non si sa quanto innamorato, allo stesso rapitore, che l’autrice si accontenta di tratteggiare come “uno che non ha niente da perdere”.
 
Bella l’idea di giocare con la realtà al punto da inventarne una parallela, una storia che va a terminare un puzzle lasciato incompiuto dalla Storia; interessante anche, per il lettore, immaginare l’effetto che ha fatto la lettura del libro sulla persona che in quella macchina c’era veramente. Buona, anche se non nuovissima, l’idea di riflettere su come la vita delle persone può venire travolta da un destino che le forza (o le forzerebbe, in questo caso) a passare dalla loro piccola vita privata a una scena pubblica. Ma tutte queste cose si sanno anche prima di aprire il libro, o al limite si scoprono nelle prime pagine. Il problema è che, proseguendo, non si trova nient’altro: né una riflessione filosofica su questi temi, ma neppure, cosa più grave, quello che serve per un “buon romanzo”.