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Perché leggere “La vita bugiarda degli adulti” di Elena Ferrante

Autore: Serena Vissani
Testata: Culturamente
Data: 10 aprile 2020
URL: https://www.culturamente.it/libri/elena-ferrante-la-vita-bugiarda-degli-adulti/

La vita bugiarda degli adulti è un romanzo che nasce intorno a Napoli, alla stessa Napoli della più nota quadrilogia. Ma non è solo questo il senso di continuità che il lettore percepisce. Giovanna, la protagonista del romanzo, è il perno di una leva intorno alla quale gravitano personaggi di varia natura, dalla mamma intellettuale, alla zia “cafona”, dall’amica di famiglia che poi tanto amica non lo è, alla preside della scuola.

Sono tutte donne, insomma, le figure che più colpiscono il romanzo della Ferrante.

Ci sono, è vero, poi tanti uomini che bazzicano le pagine del romanzo, ma tutti fungono da elemento complementare alle figure femminili. Quasi fossero dei pretesti per consentire alle altre, le vere protagoniste della storia, di svilupparsi.

Come per tutta la quadrilogia de L’amica geniale, anche qui non troviamo mai personaggi buoni o personaggi cattivi. Le anime dei vari caratteri sono grigie come l’elegante copertina scelta da Edizioni e/o. Zia Vittoria, apparentemente, è meschina, ignorante e invidiosa, ma con lo scorrere delle pagine il lettore vede in controluce la fragilità di questa donna, le difficoltà che ha dovuto sempre affrontare con i pochi strumenti che la vita le ha messo a disposizione. Così come la perfezione della mamma di Giovanna lascia il campo ad una sempre più grande dipendenza verso un marito che l’ha umiliata per anni. Una debolezza che non riesce a colmare trovando la forza in se stessa ma solo attraverso il supporto di un altro uomo.

I libri di Elena Ferrante raccontano la grande complessità delle donne. Colpisce in particolare un passo. Si tratta di una riflessione della giovane protagonista circa la reazione della sua preside ad un sofismo di suo padre:

Aspettai in ansia che la preside gli rispondesse. Lei lo fece con una voce devota, lo chiamò professore, era così sedotta che mi vergognai di essere nata femmina, di essere destinata a farmi trattare a quel modo da un uomo anche se avevo studiato, anche se occupavo un posto di rilievo. […] La preside non voleva più lasciar andare mio padre, e si vedeva che gli rivolgeva domande e domande […], forse sperando in altri complimenti o nell’inizio di un’amicizia con una persona gentile e fine che l’aveva considerata degna di belle riflessioni.

Il padre di Giovanna sa incantare con le sue parole e, agli occhi della figlia, non è altro che un figura misera, capace di creare solo dolore alle persone che gli sono vicine. Eppure, può lei stessa constatare che per le donne, lui è un pifferaio magico che le incanta e le fa pendere dalle sue labbra.

Giovanna si rifiuta di essere devota ad un uomo. Di sminuire la sua persona di fronte a qualcun altro solo perché maschio. La ribellione insita nei suoi sedici anni le fa percepire il senso di disgusto dovuto a una subalternità cosciente e acconsentita.

Ai suoi occhi, la preside è una persona di successo, dirigente di un importante liceo di Napoli, istruita e di un certo potere. Eppure quell’uomo è la sirena che la strega con il suo canto, lei, marinaio che naviga in mezzo alla tempesta della vita quotidiana. Il papà di Giovanna non è lontano da quel Sarratore (padre o figlio, fate vobis) che tanto abbiamo detestato leggendo la storia di Lila e Lenù.

Giovanna prova a orientarsi in un mondo fatto di maschi. Lo fa inizialmente attraverso il linguaggio del sesso che gli viene insegnato, appunto, da un ragazzo. Poi lo fa credendo di trovare nell’amore la sua via di salvezza. Ma nonostante la sua mente adolescente concepisca gli stratagemmi più assurdi per far suo l’uomo più perfetto che crede di aver mai incontrato nella sua vita, si accorge che, in fin dei conti, altro non è che una copia ripulita di suo padre.

E decide di ripartire da sé, sapendo di valere molto di più di quanto qualsiasi altro uomo le consentirà mai di brillare della propria luce riflessa.

Come sempre, dunque, Elena Ferrante non delude. Chiude il suo romanzo lasciando a noi di proseguire, riflettendo su quello che sarà il futuro di Giovanna e, perché no, anche il nostro.