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La traversata di Philippe Lançon

Autore: Felice Laudadio
Testata: Sololibri
Data: 1 maggio 2020
URL: https://www.sololibri.net/La-traversata-Lancon.html

Si può morire per una caricatura, un disegno satirico, una battuta di spirito? Il 7 gennaio 2015, a Parigi, per una vignetta su Maometto sono stati uccisi in dodici e undici sono rimasti feriti, nella sede del settimanale satirico Charlie Hebdo. Quella mattina, per la riunione di redazione, c’era anche il giornalista allora 52enne Philip Lançon. Il suo La traversata è un libro che non si può perdere, se si vuole letteralmente condividere quei minuti terribili in cui il mondo è finito sottosopra in un appartamento. Il volume è stato pubblicato dalle edizioni italiane E/O nel 2020, con la traduzione di Alberto Bracci Testasecca.

Non è solo cronaca e sangue, rabbia e terrore: Philippe si lascia andare a varie considerazioni. È per questo che, se in Francia il suo lavoro ha meritato due premi letterari, non ha riscosso lo stesso successo nel mondo anglosassone. Lì preferiscono essere scossi, non interessa l’elaborazione del lutto. Vogliono immagini forti, non lucide ricostruzioni di un evento e diversioni sulla vita prima di quel giorno, sull’attività professionale e poi sulle cure e sulle conseguenze delle ferite.

L’assalto di una coppia di fanatici islamisti ha trasformato la sala riunioni del Charlie Hebdo in un patibolo. La sentenza? Punire i responsabili delle vignette satiriche che sbeffeggiavano il profeta. I boia? Due fratelli franco-algerini, integrati nella società francese, ma radicalizzati nelle fazioni più intolleranti del fondamentalismo musulmano. Hanno portato la jihad, la guerra santa, nella sede di una testata che professava la libertà d’espressione e ne è diventata il simbolo di tutti i tempi.

La satira di Charlie Hebdo non risparmiava il papa, i grandi della Terra e ogni argomento, ma dal 2006 aveva cominciato a pubblicare caricature di Maometto. Per quelle, intorno alla rivista si era fatto il vuoto. Lançon ricorda che molti disegnatori e in genere la Sinistra non le condividevano, un po’ trovandole di cattivo gusto, ma soprattutto per non provocare il mondo islamico, tremendamente suscettibile sul tema della rappresentazione del profeta e chiuso in genere alle libertà di ogni tipo. Infatti, gli imam avevano pronunciato una fatwa, una condanna a morte religiosa, che qualunque musulmano avrebbe l’obbligo di eseguire.

Nel 2011 la redazione, allora in una sede periferica, era stata distrutta da un attentato incendiario. Col tempo, il settimanale era rimasto sempre più isolato dalla Gauche e sempre più circondato da un odio islamico bigotto. Lettere feroci, minacce di morte, mail piene di ingiurie. Gli edicolanti arabi rispondevano a muso duro di non avere copie da vendere, ma l’embargo era il meno.

Verso le 10.30 del giorno appresso all’Epifania del 2015, quando la redazione aveva cominciato ad affollarsi, “non erano molti in Francia a voler essere Charlie”, scrive Philippe. Lui stesso aveva smesso di sfogliare la rivista nella Metro, pur vergognandosi di questa viltà: sguardi malevoli lo mettevano in guardia. Anche la Sinistra li aveva isolati, dimostrando disprezzo, malafede, mancanza di sfumature, non avendo niente da invidiare su questo all’estrema Destra, insiste Lançon.

Attorno al tavolo grande si stava parlando di Michel Houellebecq, delle severe prese di posizione del letterato contro l’intolleranza dell’Islam radicale e Philippe era uno dei pochissimi a difenderlo. Gli altri stavano in silenzio o lo criticavano. Poi erano passati a contestare la politica del Governo nei confronti delle banlieu, le periferie abbandonate, dove cresceva il fanatismo.

A metà delle 11, Lançon si era alzato per spostarsi verso la sede del quotidiano Liberation. Qualcuno aveva fatto un’osservazione spiritosa, quando:

"un rumore secco come un petardo e le prime grida all’ingresso hanno interrotto il flusso dei nostri lazzi e delle nostre vite".

Non c’è stato il tempo di fare niente, neanche di pensare e “tutto il consueto è scomparso”.

Straordinaria la descrizione, come una pellicola al rallentatore. Botti sordi, non raffiche ed esplosioni come al cinema. Monosillabi di sorpresa dei presenti. La guardia del corpo del direttore cade senza riuscire a estrarre completamente la pistola. Due figure incappucciate con passamontagna e kalashnikov imbracciati. Il tizio che veniva avanti verso il fondo della stanza e verso di lui sparava un colpo e diceva Allah akbar, sparava un altro colpo e ripeteva Allah akbar, ne sparava un altro e sentenziava ancora Allah akbar.

Philippe viene colpito a una mano e alla mascella destra, una grossa lesione, parte della mandibola asportata. È in terra, ma non sente dolore mentre vede scarponi e pantaloni neri avvicinarsi. Prova due sensazioni contrastanti, da una parte si forza di fingersi morto e vorrebbe sparire all’istante, come quando si gioca da bambini, dall’altra aspetta il colpo di grazia senza paura, il buio, lo spegnimento della luce. La sagoma nera avanza, col fucile puntato verso il pavimento. Sente l’uomo respirare, incombere, forse esitare. Poi quello va oltre, attratto da altre vite da cancellare, se non lo sono già state.

Oggi Philippe Lançon racconta e per questo va ringraziato. Un particolare: la sede del Charlie Hebdo al numero 10 di rue Appart, dov’è avvenuta la strage della libertà di stampa, dista pochi passi dalla piazza dove sorgeva la Bastiglia, l’edificio simbolo della rivoluzione popolare all’insegna della fratellanza, dell’uguaglianza e di tutte le libertà. Quelle negate dal fanatismo.