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Intervist a Sacha Naspini

Autore: Federica Politi
Testata: Contorni di noir
Data: 12 giugno 2020
URL: https://contornidinoir.it/2020/06/intervista-a-sacha-naspini-2/

Sacha Naspini è nato a Grosseto nel 1976. Collabora come editor e art director con diverse realtà editoriali. È autore di numerosi racconti e romanzi, tra i quali ricordiamo L’ingrato (2006), I sassi (2007), I Cariolanti (2009), Le nostre assenze (2012), Il gran diavolo (2014), Le Case del malcontento (2018) e Ossigeno (2019). È tradotto in vari Paesi. Scrive per il cinema.

1. Diamo il bentornato a Sacha Naspini su Contorni di noir e lo ringraziamo per la sua disponibilità. “I Cariolanti”, romanzo pubblicato nel 2009, torna in libreria in una nuova edizione. Ma da quale idea o spunto nacque allora questa storia?

S.: La fame. Mi girava in testa questo tema, mi piaceva l’ipotesi di scrivere un libro che toccasse certi connotati della mia terra difficile (quindi di me); la difficoltà di un personaggio interiormente decapitato e con una faticosa eredità emotiva. La voracità primitiva, che nel corso della vicenda diventasse voracità di tutto: una famiglia, l’amore, un posto nel mondo… La prima immagine de “I Cariolanti” era questa: Prima Guerra. Una botola scavata nel bosco.

2. Il protagonista, Bastiano, è un bambino che ha vissuto l’infanzia in una situazione terribile e disperata. Puoi raccontarci qualcosa di lui?

S.: Bastiano ha preso un certo imprinting. Vive i primi anni in quella che in certe zone della Maremma veniva chiamata “stanza di posta” – un buco nella terra per fare il balzello alle bestie. Il padre Aldo, disertore, decide di darsi alla macchia. Vuole prendersi cura della moglie, del figlio. Bastiano conosce le contingenze: il freddo, il caldo, l’impossibilità di movimento. La sete. La fame, appunto. Organizza là dentro un preciso alfabeto delle cose. Questo accade nel primo capitolo. Poi la guerra finisce e quella famiglia va nel mondo.

3. In “Ossigeno”, romanzo uscito lo scorso anno, ci racconti un altro tipo di prigionia, vissuta in maniera diversa dalla sua protagonista, Laura, una bambina di otto anni che viene rapita e liberata dopo tanti anni. Le circostanze non sono le stesse, ma in che modo Bastiano e Laura vivono la loro costrizione, in che maniera vivono la libertà una volta ritornati nella società e in che misura rimangono segnati da questa esperienza?

S.: Due “scatole” diverse. “Ossigeno” cerca di esplorare le gabbie mentali – il vero tema è psicogenetico – che in qualche modo riguardano tutti. Una sorta di “Guarda come potrebbe andare se…”. Il tentativo di ricostruirsi dopo un grande trauma; con tutte le zavorre del caso. Invece Bastiano si costituisce in una certa dimensione. La sua eredità simbolica, mentale, delle esperienze, impatterà con la realtà degli uomini.

4. Ma torniamo a “I Cariolanti”, nel quale la storia viene dipanata ai nostri occhi attraverso diversi registri: passando da una narrazione in prima ad una in terza persona, utilizzando pagine di diario o resoconti ufficiali. Nel complesso una formula che risulta assolutamente efficace agli occhi del lettore, ma perché hai scelto di strutturarlo così?

S.: “I Cariolanti” è organizzato su Bastiano. Il punto era cercare di restituire al lettore un certo giro dei pensieri – siamo quasi sempre in prima, sugli eventi. Una telecamera (una vocalità) virale che mi premeva tenere accesa. Gli stacchi in terza o altri tipi di aperture sono forse “strategie”; un’entrata a gamba tesa in quella prospettiva, da viste aliene – di fatto esci dalla testa del protagonista per qualche minuto (ma ne esci davvero?). L’intenzione era comunque di restare allineati rispetto all’umore, alla “dittatura” interna della storia.

5. L’ambientazione, il modo primordiale in cui ce la descrivi, si plasma a poco a poco in un personaggio di cui Bastiano con i suoi modi selvatici, ha bisogno per esprimersi a pieno e farci capire la sua vera natura. Ce ne vuoi parlare?

S.: Bastiano è determinato dal luogo e dal momento storico in cui vive. In bandella si parla di un’Italia gotica, rurale. Notturna. Gli anni difficili della ripresa, dopo la Grande Guerra. Fatta di miseria, peripezie di ogni tipo per portare qualcosa in tavola. L’ignoranza; la bestialità. “I Cariolanti” nasce in un momento specifico, dove le necessità di sopravvivenza faceva a cazzotti con la Storia, quella con la S maiuscola. (Anche allora c’era un virus, tanto per riposarsi.)

6. Se dovessi scegliere un sentimento che più degli altri attraversa tutto il romanzo quasi a diventarne corpo e sostanza, quale sceglieresti?

S.: Ho parlato della fame. La frase-cardine continua a sembrarmi questa: «Te non lo sai cosa vuol dire nascere di traverso». In fondo l’inadeguatezza. La squalifica interiore e sociale se tuo malgrado ti trovi edificato in un modo neanche vicino al carisma collettivo. Puoi soccombere o combattere. Bastiano combatte, ma fa un casino. Ha le stelle spostate da un’altra parte.

7. Ci sono scelte. Scelte che cambiano la vita di chi le fa e di chi gli sta accanto. Scelte che a volte sembrano l’unica strada possibile, ma che in realtà non sono mai obbligate. Spesso non si può nemmeno tornare indietro dalle decisioni prese. A volte si potrebbe ma richiede forza, coraggio e un sacrificio in cui non tutti sono disposti ad impegnarsi. Bastiano avrebbe potuto scegliere di essere diverso da com’è diventato o il suo destino era già segnato nel suo inizio come un cerchio destinato a chiudersi?

S.: Alla fine con questa domanda si indica il nord della storia. Da fuori potremmo urlare a Bastiano di non mettersi in quella situazione, di reagire in modo diverso di fronte al tale problema. Il punto è che lui ha un’algebra di un certo tipo. Per tutti è così. Siamo costituiti dalle esperienze che ci riguardano; abbiamo i nostri simboli, la nostra ragione morale… Il tuo amico bestemmia perché in quella famiglia si bestemmia da sempre – anche con una certa poesia ripensando a nonno Ivo; faccio per dire. Siamo cariche semantiche. Parliamo, camminiamo, interagiamo secondo “schemi” acquisiti; e in evoluzione, ovvio. Trovare la nostra libertà, agire il nostro fulcro, è il compito di una vita. Bastiano non ha cultura, impugna strumenti piegati. Il paradosso: in qualche modo resta simile a se stesso più di tanti personaggi che incontrerà lungo il suo cammino. Anche se sbaglia tutto. La mia scommessa era questa: tu, lettore, empatizzi con un personaggio di questo tipo? Se sì, fatti due domande (bellissime).

8. Puoi parlarci del rapporto che c’è tra Bastiano e i genitori? Su quali risvolti dell’animo del padre e della madre hai deciso di fare più o meno luce?

S.: I genitori di Bastiano spostano la mappa di tutto, fin da subito. Bastiano trascorrerà la vita (“I Cariolanti” sono tredici fotografie della sua avventura) a lottare tra bene e male, Diavolo e Madonna, padre e madre. Spesso alternando i ruoli di benevolenza. È confuso, brado, del tutto sganciato dalle logiche dell’affezione socialmente riconosciuta – vive quasi nel mondo animale dell’opportunità usa e getta. Eppure la famiglia è un tema che non saprà mai sciogliere davvero. Resta appeso là, nel fascino e nel plagio di due figure che per lui sono la stella Polare. Che lo hanno distrutto. Insomma, un po’ come capita a tutti.

9. Come ti sei sentito quando finisti di scrivere questo romanzo che io definisco bello, tremendo e potente? Cosa sentivi di stringere tra le mani e di offrire ai tuoi lettori?

S.: Era come se avessi messo le budella su un tavolino: “Toh, eccomi qua”. Scalpitavo, volevo far leggere quella storia a tutto il mondo. Ero curioso di sapere se certe palle alzate venivano ignorate o raccolte. Quell’esperimento d’umanità. La prova di voce. All’inizio fu un piccolo caso. Ora non vedo l’ora di riportarlo nelle librerie con la sua nuova veste di E/O.

10. Quali sono i tuoi progetti futuri? Stai già lavorando a una nuova storia e se sì puoi darci qualche anticipazione?

Il 2 settembre esce “Nives”, sempre per E/O. È un corto, l’ho concluso durante la quarantena. Dopo una breve ouverture si sviluppa su una telefonata. Uno “scontro a due” – tanto dialogo. Il tutto comincia da una gallina che resta ipnotizzata davanti alla pubblicità di un detersivo. Si torna un po’ nel mondo de “Le Case del malcontento”. Ma in questi ultimi mesi di confinamento c’è stato anche dell’altro. Ho chiuso un romanzo complesso: “Errore 404”. Un pianeta diverso. “V. O.” è in stesura. Ci sono poi state le consegne per due serie tv. Una di queste mi sembra clamorosa. Speriamo se ne accorgano anche i produttori.