L'unico scrittore buono è quello morto
Autore: Mallarmeana
Testata: Parole senza rimedi
Data: 2 marzo 2012
“Se la poesia è dappertutto non è da nessuna parte“.
Il terreno della metaletteratura, si sa, è pericolosissimo. Se lo si affronta, tuttavia, con ironia tagliente e disincanto surreale – nutrito da un bagaglio letterario raffinatissimo – il risultato è sorprendente.
“L’unico scrittore buono è quello morto” di Marco Rossari racconta, mediante una serie di “ritratti”, di varia lunghezza, il mondo degli scrittori e della scrittura in modo acuto e sferzante.
Tra speranze e disillusioni, un universo di carta sfila davanti agli occhi del lettore, dipingendo vizi e manie del “mestiere” tra i più misteriosi e difficili, oscillando tra lo straniante e l’esilarante. Alcune le vittime illustri (un Tolstoj ospite di un bieco programma radiofonico, uno Shakespeare accusato di plagio o un Joyce irrimediabilmente “inedito”) che vanno ad intrecciarsi ad altri personaggi, a volte grotteschi, in una riflessione profonda sul bisogno di scrivere e sulle ossessioni della scrittura stessa. La medesima rima “scrivo / vivo”, quasi di dantesca memoria, ricorre in tutto il testo come una sorta di formula magica.
Ironia graffiante, grande amore per la scrittura e il ritmo vorticoso delle storie narrate accompagnano la lettura in questo labirinto surreale in cui il linguaggio è la chiave; la citazione, anche stravolta, l’appiglio.
Si ride molto, si pensa.
La metaletteratura, dicevo, è un terreno minato. Rossari (mutuando una frase del libro) “ci ha provato”. E ci è riuscito benissimo.
L’unico scrittore buono è quello morto, Marco Rossari, Edizioni e/o.