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Forte, astuta, bella: la Regina altoatesina

Autore: Alberto Infelise
Testata: Tuttolibri / La Stampa
Data: 13 aprile 2013

Nero. Su nero. Con tracce lacerate rosso sangue. Se c'è una speranza, da qualche parte nell'universo, non si trova tra le righe d i Matteo Strukul. Regina Nera parte da un rapimento, dal rapimento di una bambina, figlia di una politica battagliera e per questo odiata da molti.! carcerieri sono un gruppo di meta Ilari seguaci di una confusa mitologia nordica. Per salvare la ragazza entrerà in gioco un'agente privata, tanto refrattaria alle regole quanto efficace. Strukul prende il paesaggio da cartolina dell'Alto Adige delle vacanze e lo manda all'inferno: con tutto i l cuore, con tutti i muscoli, con tutte le armi (convenzionali e meno convenzionali) di cui la fantasia dell'autore è capace. Un inferno ancor più terribile perché quotidiano, reale, familiare, vicino da far male. Un inferno che ha la sua vendicatrice, Mila. Una vendicatrice che vince a metà, conscia di come certe vittorie assomiglino a una sconfitta (o viceversa). Una vendicatrice che somiglia a certe eroine dei film di Abel Ferrara, un «Angelo della vendetta» che risponde al Male usando il Male. Una vendicatrice che fatica a rispettare le «regole d'ingaggio », che le forza per ottenere un risultato altrimenti impossibile. Quelli di Strukul sono incubi di un mondo vicino. Un mondo di «Uomini che odiano le donne» senza alcuna remora. Un mondo di politici corrotti disposti a tutto (omicidio, rapimento e stupro inclusi) per alimentare il loro potere. Un mondo di poliziotti corrotti ma (fortunatamente) incapaci. Un mondo di pazzi allucinati pronti ad inventarsi ed aderire a una mitologia violenta e assurda che diventa religione e ragione di vita. Un mondo di vittime, quasi sempre donne, che imparano fin da piccole di quanto sangue grondi il potere che gli uomini si ostinano a esercitare su di loro, fino - in alcun i casi - a restare travolte in una parossistica sindrome di Stoccolma che le rende di volta in volta schiave consenzienti di carnefici grotteschi, padri deboli, compagni vigliacchi e falsi. La Mila di Strukul non è un personaggio in cui ci si identifica (e se ci si identifica è il caso di darsi una calmata e avvisare amici e parenti). È un personaggio da temere, da amare, per cui fare il tifo. E un personaggio che si impara, pagina dopo pagina, a rispettare, a seguire con il fiato sospeso di chi si aspetta prima o poi un lieto fine che restituisca l a capacità di respirare. Mila è di una pasta simile a quella di Lisbeth Salander: forte in un mondo di uomini meno forti, astuta in un mondo di uomini storditi, violenta in un mondo di uomini violenti, bella in un mondo di uomini che non sanno che farsene della sua bellezza indipendente e libera. Regina nera fa male come tutte le storie che parlano di noi e ne parlano male. Fa bene come tutte le storie in cui i cattivi rimediano qualche naso rotto (in questo caso, molto più che qualche naso rotto). Fa pensare come tutte le storie in cui il confine tra Male e Bene è sottile e affilato come una lama di katana. Fa paura come tutte le storie in cui l'incubo è il vicino di casa, quello del «sempre buongiorno e buonasera», quello che «chi lo avrebbe mai detto». «Regina nera» è un viaggio di andata e ritorno nelle budella di un Male che non vogliamo ammettere che esista. Ma che i numeri (veri) sugli omicidi di donne nel nostro Paese ci dicono quanto sia il nostro pane quotidiano.