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Lo 007 ridà una chance a Villon

Autore: Daria Gorodisky
Testata: La Lettura / Corriere della Sera
Data: 20 ottobre 2013

A 58 anni è planato nella sua nuova vita. La quarta. Visto che prima Raphaël Jerusalmy, nato e cresciuto a Parigi, è stato studente provetto sia della prestigiosa École Normale Supérieure che della Sorbona; poi colonnello del Mossad in Israele; quindi (e lo è tuttora) libraio antiquario a Tel Aviv, dove può capitare di incontrarlo anche mentre gioca a bocce sui campetti dell'elegante viale Rotschild. Poi, dall'anno scorso, ecco la dimensione scrittore: il suo primo romanzo, Sauver Mozart è diventato subito un successo internazionale (in italiano Salvare Mozart, per e/o). E adesso in Francia è appena uscita la sua seconda opera di narrativa, La confrérie des chasseurs de livres (Actes Sud), che per vendite e critica conferma il consenso precedente. Storia e cultura sono al centro di entrambi i libri, e Jerusalmy sa intrecciarle ai personaggi con leggerezza, colpi di scena e suspense. Se Salvare Mozart è il racconto di quello che l'autore ha definito «un attentato musicale» contro i vertici della Vienna hitleriana, La confraternita dei cacciatori di libri (speriamo di vederlo presto anche da noi) ruota intorno a una guerra dove le uniche armi messe in campo sono le parole. Il protagonista principale è il poeta francese François Villon, quel visionario avventuriero, bevitore, sciupafemmine, tanto colto quanto pronto a delinquere: un personaggio alla Caravaggio, ma con 150 anni di anticipo. Dopo essere stato arrestato, torturato e condannato alla forca, nel 1463 il trentaduenne Villon viene improvvisamente graziato e espulso da Parigi e da quel momento non si saprà più niente di lui, un mistero. Fin qui è Storia. Mentre su ciò che può essere accaduto dopo è costruito il romanzo, un intrigo ambientato nella seconda metà del Quattrocento, con papi, sovrani, gran rabbini, principi, monaci, popolo, che si muovono tra Francia, Italia e Galilea. Parlando dei suoi libri, Jerusalmy riconosce che ci sono diversi piani di lettura; però dice che li ha scritti senza altri intenti che quello di divertire. Un atto di modestia, forse. Perché c'è un filo conduttore nelle sue storie: il potere del sapere e dell'ingegno come strumento di libertà; capace di inceppare, anche fosse solo per un attimo, gli ingranaggi più letali. E se non è un messaggio questo…