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La tragedia della 1a guerra mondiale

Autore: Tino Colabianchi
Testata: Il Ticino
Data: 14 novembre 2014

Sta per volgere al termine l’anno centenario della Prima Guerra Mondiale. Sono state numerose le iniziative intraprese per ricordare la catastrofe che per cinque anni sconvolse l’Europa. Anche in campo editoriale si è avuta attenzione all'evento e sono stati pubblicati molti libri sull’argomento. Ne segnaliamo due di narrativa per non dimenticare anche noi quel tragico conflitto e i suoi morti. “La paura e altri racconti della Grande Guerra” (Edizioni e/o, pagine 144, euro 14,00) è una scelta di racconti dello scrittore Federico De Roberto. Il primo, “La paura”, è “una devastante accusa contro la guerra”.
In esso è narrata la vicenda di un gruppo di soldati italiani bloccati in trincea da un cecchino.
Il tenente Alfani, uomo intelligente e sensibile, ha però l’ordine di farli uscire per presidiare un posto di vedetta. Attraverso la drammatica successione di episodi molto crudi, De Roberto descrive i sentimenti, l’impotenza, il terrore e la paura provati dagli uomini di fronte alla morte. “Il Rifugio” è la storia di un disertore e della sua fucilazione, narrata da un ufficiale casualmente ospitato dai genitori del condannato.
La retata è invece “una divertente parodia delle agiografie belliche”.
Un soldato italiano rievoca come, caduto nelle mani del nemico, riuscì a catturare un intero plotone nemico, descrivendo “decine di manicaretti che avrebbero costituito il rancio delle truppe italiane”.
Gli austriaci, all’inizio increduli, si fanno via via sedurre dal racconto del militare italiano, fino a decidere di disertare e di seguirlo. Infine ne “L’Ultimo voto” il capitano Tancredi ha come missione di informare una bella contessa del decesso del suo eroico marito; dopo poche settimane, apprenderà però con sdegno e amarezza del nuovo matrimonio della vedova allegra con un imboscato.
“Il sale della terra” (Marsilio, pagine 400, euro 23,00) è il romanzo dello scrittore polacco Józef Wittlin che con questa sua unica opera letteraria in prosa, raggiunse i vertici della popolarità e della notorietà in Europa. Per merito dell’editore Marsilio e dopo settant'anni, il libro ritorna nelle librerie con una nuova traduzione. La vicenda si svolge tra la mattina del 28 luglio 1914 (“giorno in cui uno stanco e obnubilato Francesco Giuseppe, sollecitato dai suoi ministri, firma la dichiarazione di guerra alla Serbia”) e quella del 25 agosto (“quando il protagonista reclutato nella fanteria austro-ungarica, assieme al suo reparto presta giuramento all’imperatore”) e inizia con l’arrivo della notizia
dello scoppio del conflitto “in una piccola stazione della Galizia orientale, dove Piotr Niewiadomski, analfabeta quarantenne di etnia hutzul, lavora come uomo di fatica”. Immediatamente richiamato alle armi, lo spaesato campagnolo “si trova ad affrontare un percorso dal carattere iniziatico che lo conduce alla sua guarnigione in Ungheria per l’addestramento militare” dove scopre amaramente che l’unica legge che regola la vita delle reclute al campo è “la paura e di conseguenza la sottomissione alla subordinazione che trasforma gli uomini in automi”.
Il romanzo di Wittlin documenta bene come l’atrocità della Prima Guerra Mondiale “non consiste [solo] nelle scene di battaglia, nello spargimento di sangue e nella massa di cadaveri straziati, bensì nel lento e pianificato omicidio perpetrato sulle anime di migliaia di ignoti soldati” e attraverso “l’ironica sacralizzazione e la smitizzazione della guerra e dell’esercito austro-ungarico” offre “uno spaccato stilisticamente raffinato e amaramente satirico della crisi della cultura europea nei primi decenni del Novecento”.