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Il principio del caos

Autore: Mario Fortunato
Testata: L'Espresso
Data: 28 agosto 2016

Nella pièce di Michael Frayn intitolata “Copenaghen” (anni fa portata in scena in Italia da Mauro Avogadro), si registravano con intelligenza ed esattezza tutti i dilemmi morali e le miserie personali di due grandi scienziati, Werner Heisenberg e Niels Bohr, allievo e maestro, alle prese con un potere politico (il Terzo Reich) pronto a usare a fini di conquista quelle che erano state le loro scoperte nel campo della fisica quantistica. Il tema, l’atmosfera, i personaggi tornano nel romanzo “Il principio” (Edizioni e/o, traduzione di Alberto Bracci Testasecca, pp. 137, € 14) dello scrittore francese Jérôme Ferrari (1968), dove il principio è quello di indeterminazione, enunciato da Heisenberg nel 1927, che rompeva con le leggi della meccanica classica, aprendo la strada alla fissione dell’atomo.

Al contrario di Frayn, Ferrari non possiede il dono della divulgazione. La prima metà del racconto è infatti una curiosa rêverie in cui l’autore si rivolge al proprio protagonista dandogli del lei (in francese, vous), col risultato che in italiano soprattutto nelle prime pagine non si capisce se la narrazione sia in terza persona e se ci si rivolga a un uomo o a una donna. E quando le cose un po’ alla volta si chiariscono, l’autore si abbandona a raccontare una vicenda storica e personale molto complessa, senza preoccuparsi di accompagnare il lettore a capirci di più.

Nella seconda metà quando l’ultimo conflitto mondiale è ormai finito e gli scienziati tedeschi che hanno collaborato col nazismo si trovano prigionieri degli inglesi il racconto subisce un’accelerazione positiva. La scrittura, sempre controllata, si distende, permettendo al lettore di penetrare a occhi aperti in quell’autentica foresta morale che è la scienza moderna.