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Doppia uscita in salsa thriller per il «maestro» Michel Bussi

Autore: Enzo Verrengia
Testata: Gazzetta del Mezzogiorno
Data: 6 novembre 2016

Il thriller francese rifugge dal machismo, dalla violenza metropolitana e dalle tortuosità psicotiche di quello americano. I discendenti dei galli hanno consumato la barbarie contro le legioni di Cesare e la rievocano nell’epopea a fumetti di Asterix. Per narrare quanto di orribile si annida nel mezzo della gente ordinaria, preferiscono il rarefatto, la quiete fonoassorbente della provincia e lo straordinario quotidiano. Simenon insegna, lui che era belga, ma più francese dei francesi in narrativa.

Da questa vena scaturisce il talento di Michel Bussi, che, al di là delle vendite, lascia stupefatti per la densità e la portata dei suoi intrecci. Ora lo si trova sugli scaffali delle librerie con due romanzi diversamente ma analogamente atipici, segnati dal comune denominatore di una cronologia narrativa che sconcerta.

Ninfee nere appare in Italia a cinque anni dall’uscita francese. Preceduto dall’elenco dei riconoscimenti di cui è stato insignito: Prix Polar Michel Lebrun, Grand Prix Gustave Flaubert, Prix polar méditerranéen, Prix des lecteurs du festival Polar de Cognac, Prix Goutte de Sang d’encre de Vienne. Sembra il medagliere sul petto di un ufficiale in carriera. L’ambientazione intriga ulteriormente. Si tratta di Giverny, la minuscola città normanna di Claude Monet. Uno dei suoi quadri più celebri è per l’appunto Ninfee nere. La vecchia che racconta scopre il cadavere di Jérôme Morval rinomato oftalmologo di Giverny, notorio dongiovanni e adultero. L’uomo è stato dapprima pugnalato al cuore e poi colpito al cranio. Il suo cadavere giace riverso con il viso in un ruscello che alimenta lo stagno delle ninfee raffigurate a suo tempo da Monet. In tasca ha una cartolina con i versi di una celebre poesia. Giunge per le indagini l’ispettore Laurenç Sérénac, e si scopre che l’uccisione di Jérôme Morval risale all’inizio degli anni ‘60. La vecchia sta rievocando un mistero lungo mezzo secolo. Il caso di Giverny è l’ennesima variazione sul tema dell’innocenza violata. Con un’aggiunta: la misura temporale. Il colpo di scena in Ninfee nere emerge solo quando la responsabilità dell’assassinio trova la sua autentica misura: un lungo succedersi di stagioni per il perseguimento della vendetta.

Anche in Tempo assassino, fin dal titolo, si intuisce che il perno della vicenda non sta nel «perché», bensì nel «quando». Due date a fare da filo conduttore: il 1989 e il 2016. Quasi trent’anni per la parabola di un mistero, quello della morte o della sopravvivenza di una madre al più tragico degli incidenti automobilistici. Il sinistro avviene in Corsica, nota per le sue arterie a strapiombo sul mare. Da una di queste precipita la vettura di un’intera famiglia. Scampa soltanto la figlia, Clotilde. Ed è lei a ricevere una lettera nel presente... firmata dalla madre! Che quindi potrebbe essere ancora viva. Intanto, però, sul fitto della trama anche qui come in Ninfee nere ha preso il sopravvento il paesaggio. La Corsica, dannata come altre località dallo sconsiderato turismo di massa, diviene la cornice perfetta dell’imponderabile. Tempo assassino, come tutti i romanzi di Michel Bussi, costituisce infatti uno scandaglio nei legami animisti che vi sono tra persone, eventi e luoghi. La spirale che avvolge Clotilde consiste in tutto questo.