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E Rossari "intonarumori" sulle tracce di Russolo

Autore: Annarita Briganti
Testata: La Repubblica Milano
Data: 24 novembre 2016

UNA cavalcata nel Novecento, con il 70% degli episodi citati realmente avvenuti, attraverso un figlio-Nemesio detto Nemo, ovvero Nessuno - che rivive nel sonno la ricca biografia del padre, scoprendo luci e ombre di un genitore anziano e ingombrante, che gli ha dato il suo stesso nome, con cui non ha più rapporti. Il primo, un grande artista che ha segnato il "secolo breve". Il secondo, maschera in un museo.

Nel nuovo romanzo di Marco Rossari, Le cento vite di Nemesio (e/o), c'è tutto questo. È un "ottovolante", come lo definisce lui stesso. Milanese, 43 anni, traduttore (Dickens, Twain, Eggers) e saggista, Rossari lo presenta oggi alla Libreria Centofiori, piazzale Dateo 5, ore 20 con una"serata retrofuturista", la "Nemesio Night" (ingresso libero).

Cosa succederà in Centofiori?

«Il futurista Luigi Russalo, l'inventore dell'Intonarumori, aveva il laboratorio dove abito io. Stasera proveremo a riprodurre quell'esperimento con un Dj, Marco Rigamonti, che sovrapporrà al reading a due voci tenuto da me e da Fernando Caratelli suoni cacofonici, spettrali, uniti ali'elettronica attuale. Un viaggio avanti e indietro nel tempo, come accade a Nemo e come succede a me, quando leggo. Il vino sarà servito durante la nostra esibizione».

Perché il Futurismo è tornato di moda?

«Denominato con questo colpo di genio, non è mai stato dimenticato. È nato all'avanguardia e lo resterà per sempre, grazie agli aspetti che alcuni potrebbero criticare. E buffonesco, ridicolo, cialtrone, in una parola: divertente. I futuristi, che crearono perfino un "Manifesto della Cucina Futurista", nella nostra epoca, con un'espressione orribile, sarebbero definiti creativi. Nemo, nel libro, incontra Marinetti, che declama strane parole sulla folla, sconcertata da quello che sente».

Il conflitto paterno filiale è autobiografico?

«Volevo raccontare un padre-nonno e un figlio schiacciato da lui. Il vecchio, divorato dalla fama, dalle donne. Il giovane, un bamboccione, che però non frigna, ha scelto il nulla. Non come noi, che vogliamo sempre tutto, ma non c'è autobiografia. Non m'interessa fare sociologia. Mi serviva l'attrito per accendere la scintilla della trama. Si può vivere benissimo superando lo scoglio dei genitori, non bisogna andare d'accordo per forza. È quando una ragazza ci risponde male, che pensiamo che possa nascere qualcosa di buono».

Una delle domande di fondo del libro è: "Qual è il segreto della felicità?". Lei l'ha trovato?

«Anche un'esistenza infelice è degna di essere vissuta. L'atarassia, l'equilibrio sono cose che non invidio alle persone. Non mi piacciono quelli troppo risolti. Meglio il conflitto della calma piatta. Faulkner diceva che tra il dolore e il nulla sceglieva il dolore, io preferisco una buona bottiglia di Ribolla».