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«Giardini di consolazione». Nel romanzo di Parisa Reza la parabola dell'Iran da Pahlavi a Mossadeq

Autore: Georgia Schiavon
Testata: Il Piave
Data: 6 febbraio 2017

Il colpo di stato che nell'agosto del 1953 depose Mohammad Mossadeq, primo ministro dell'Iran durante il regno di Mohammad Reza Pahlavi, perpetrato con il sostegno di Gran Bretagna e Stati Uniti per scongiurare una deriva sovietica del paese, è un evento la cui eco si propaga fino alla storia dell'attuale Repubblica islamica. Sono infatti in molti, nota nella sua «Storia dell'Iran» Farian Sabahi, a vedere nell'interruzione della, per quanto controversa, esperienza democratica del biennio di governo di Mossadeq e nel conseguente inasprimento dittatoriale del regime di Mohammad Reza l'origine del risentimento nei confronti dell'occidente, sfociato nella rivoluzione guidata dall'ayatollah Ruhollah Khomeini, che condusse all'instaurazione dello stato teocratico nel 1979. Come scrive l'ambasciatore Roberto Toscano nella prefazione della biografia dedicata da Stefano Beltrame a questa figura cardine dell'Iran del Novecento, vi è appunto un "indiscutibile nesso tra il 1953 e il 1979, fra il fallimento della modernizzazione di Mossadeq e la violenta imposizione della modernizzazione sulla base dell'ideologia della rivoluzione islamista".

È con il senso di smarrimento sociale e psicologico conseguente al tragico epilogo del mandato di Mossadeq che termina «Giardini di consolazione» della scrittrice iraniana Parisa Reza, vincitore nel 2015 del premio Senghor per il romanzo francofono, ora pubblicato nella traduzione italiana di Alberto Bracci Testasecca dalla casa editrice e/o. Questa svolta epocale sancisce nel contempo un passaggio irreversibile nella vita del giovane protagonista, Bahram Amir: la presa di coscienza, attraverso la delusione dei suoi ideali, dell’incertezza dell’avvenire. La storia era cominciata una trentina d’anni prima, nel 1921, quando la dodicenne Talla e il ventitreenne Sardar, i futuri genitori di Bahram, avevano lasciato il loro villaggio, Qamsar, per trasferirsi alla periferia di Teheran nella speranza di un domani migliore. Di lì a poco un colpo di stato guidato dal comandante della guardia reale cosacca, il colonnello Reza Shah, segna l’avvento della dinastia dei Pahlavi, che nel 1925 subentrerà ufficialmente a quella ormai in declino dei Qajar.

Ma la vita di Talla e Sardar scorre parallela alle vicende della grande storia, che ad essi, contadini analfabeti, appare così lontana da risultare intangibile. Diversamente, essa entrerà in quella di loro figlio fino a diventarne parte. Al piccolo Bahram si presenterà con la violenza di un'esplosione: quella di una bomba sganciata da un aereo, russo o forse inglese, nei pressi del suo villaggio. È la seconda guerra mondiale. L’Iran viene occupato, rispettivamente a nord e a sud, da truppe sovietiche e britanniche, a difesa degli interessi legati allo sfruttamento delle risorse petrolifere del paese. Nel settembre del 1941 lo scià è costretto ad abdicare in favore del figlio Mohammad. Alla fine del 1943, a Teheran si terrà la conferenza nella quale Churchill, Stalin e Roosevelt discuteranno del futuro assetto mondiale. Questa volta a colmare le distanze sono dei ritagli di giornale con la foto dei tre leader, raccolti su suggerimento del direttore della scuola, che ha fiutato il talento di Bahram. Da allora, per lui la storia diventa una realtà da conoscere, nel silenzio di una biblioteca o tra la folla dei manifestanti per le strade della capitale.

Iscrittosi alla sezione di storia e geografia della facoltà di lettere dell’università di Teheran, intraprende contemporaneamente l’attività politica, sostenendo la nazionalizzazione della Anglo-Iranian Oil Company, che condurrà Mossadeq - citato dalla Gran Bretagna - davanti al tribunale de L'Aja e al consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Gli organismi internazionali riconosceranno le sue ragioni, ma questa presa di posizione ne determinerà la caduta in seguito al colpo di stato orchestrato dai servizi segreti britannici e americani, che si concluderà con la restaurazione sul trono dell’Iran, rimasto vuoto per pochi giorni, di Mohammad Pahlavi, più accomodante nei confronti delle potenze straniere. Rappresentante della generazione prodotta dalle riforme di Reza Shah, che rese l’istruzione obbligatoria e gratuita, Bahram crede di trovare “le profondità della vita” nei libri di storia e geografia e nei dibattiti politici tra uomini, incapace di vivere un rapporto d’amore totalizzante come quello tra i suoi genitori. Del volto della donna, scoperto dal divieto del velo imposto da Reza Shah nel 1936, egli non conoscerà mai davvero i tratti, quasi in fuga dallo specchio di un’identità dibattuta tra le vestigia indelebili della tradizione e le spinte, forse troppo invadenti, della modernità.