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Michel Bussi, “Ninfee nere” ed. 2016

Testata: Leggere a lume di candela
Data: 5 giugno 2017
URL: http://leggerealumedicandela.blogspot.it/2017/06/michel-bussi-ninfee-nere-ed-2016.html

Giverny. Chi non conosce Giverny? Ci ha vissuto il pittore Claude Monet, ne ha fatto la sua fonte di ispirazione, ha immobilizzato il paese nel tempo perché nulla venisse alterato nel suo sguardo sullo stagno con le ninfee. Negli ultimi trent’anni della sua vita Claude Monet dipinse soltanto ninfee. Sono 250 le tele con le ninfee dipinte da Monet, si dice che fossero anche di più. Un’ossessione dai colori pallidi.

Michel Bussi ambienta a Giverny il suo intrigo ‘giallo’ che si rivelerà essere la storia di un’altra ossessione. I tredici giorni dello svolgimento finale dell’azione sono nel 2010, ma tutto ha inizio in un passato più lontano, nel 1937 o forse addirittura più indietro ancora nel tempo, quando Monet dipingeva le sue ninfee e i protagonisti non erano ancora venuti al mondo.

Perché Monet è una leggenda vivente a Giverny, i bambini partecipano ogni anno ad un concorso e chi lo vincerà potrà andare a studiare pittura in una qualche famosa scuola all’estero, lontano da questo piccolo paese che finisce per essere soffocante e claustrofobico. E’ così, soffocante e claustrofobico, che lo avverte la bella maestra Stéphanie dagli occhi color malva, una delle protagoniste del romanzo di Bussi che inizia con un andamento favolistico, presentando tre donne che vivono a Giverny- una cattiva, una bugiarda e una egoista. “La prima aveva ottant’anni ed era vedova. O quasi. La seconda ne aveva trentasei e non aveva mai tradito il marito. Per il momento. La terza stava per compierne undici e tutti i ragazzi della scuola erano innamorati di lei.”

Stéphanie è la seconda, quella che non ha mai tradito il marito e che, però, ci fa pensare a Madame Bovary, con i suoi sguardi ammaliatori e la voglia di andarsene via, di lasciare il marito e salire sulla moto dell’ispettore Laurenç che è chiaramente innamorato di lei. Può un ispettore lasciarsi coinvolgere così personalmente dalla moglie dell’uomo sospettato di aver ucciso un noto oftalmologo che abita a Giverny ed è amante dell’arte? Perché è su questa morte in riva al fiume che Laurenç Serénac sta indagando insieme al suo aiuto Sylvio Benavides, il suo doppio e il suo opposto, felicemente sposato e in attesa di un figlio, pacato, calmo e razionale nell’elaborare le ipotesi sull’identità dell’assassino.

La prima, la donna cattiva che veste sempre di nero e abita nel vecchio mulino, è quella che racconta la storia, è l’occhio che osserva e che sembra una di quelle streghe di altri tempi che sono capaci di predire il futuro. Quando è lei a prendere la parola, sostituendosi alla narrazione dello scrittore onnisciente, ci coglie una certa qual inquietudine, ci sembra di essere avvolti in una rete di mistero.

La terza è una bimba con le trecce al vento che non sa chi sia suo padre e che ha una predisposizione straordinaria per la pittura: è lei che potrebbe vincere il premio e andare a studiare lontano, dimenticando che sarebbe un atto di egoismo. Tutti i geni sono egoisti, pensano solo a se stessi e alla loro arte- Monet insegna.

Leggiamo “Ninfee nere” e non ci rendiamo conto del sortilegio che Michel Bussi sta gettando su di noi con una storia che si sposta tra un passato in cui, nel 1937, un ragazzino è morto in un modo quasi analogo a quello su cui Laurenç Sérénac sta indagando adesso, e il presente del 2010 quando sembra che qualcuno voglia accumulare prove contro il marito della affascinante maestra Stéphanie, con un cane che passa gioioso da un filone all’altro, sempre uguale. La rete dell’incantesimo tessuta da Bussi ricopre l’intero paese, la sua magia riporta in vita Claude Monet, le sue abitudini e le sue ninfee, forse Giverny è il luogo adatto per le ossessioni, possono esserne i fiori fluttuanti l’oggetto, oppure una donna. E allora il romanzo di Michel Bussi non è più soltanto un mystery o la storia di un’indagine, ma anche una distorta storia d’amore.