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Lettera.com intervista Chiara Mezzalana

Autore: Claudia Savarese
Testata: Lettera.com
Data: 7 ottobre 2009

Il tema è molto delicato perché riguarda il potere delle donne, la loro libertà, l'uso del corpo. Anche noi donne occidentali abbiamo ancora molta strada da fare. L'impressione è che su questi argomenti si stia tornando indietro. Certe battaglie fatte negli anni settanta sembrano dimenticate.

Nel libro racconti la storia di due donne che hanno subito violenze, fisiche e psicologiche, dalla famiglia e da altri uomini. Bianca è la vittima di un matrimonio infelice finito con il suicido della madre che l'ha lasciata vagabonda nella vita; Yasmina subisce violenze dalla famiglia, dal marito e viene stuprata. Forse loro stesse sono costrette a farsi violenze psicologiche per continuare a vivere. E' molto duro quello che dici. Credi che la condizione della donna sia così fortemente segnata dalla violenza?
Credo che sia la condizione umana ad essere fortemente segnata dalla violenza, solo che le donne accettano più facilmente di farci i conti, e lo fanno partendo da se stesse. Spesso le donne vengono usate dagli uomini come mezzo per esprimere la loro violenza; un padre che uccide la figlia è un uomo interiormente devastato, solo che è più facile prendersela con la parte debole che riconoscere la propria disperazione. Gli uomini fanno più fatica a tollerare il dolore mentale e così tendono a proiettarlo all'esterno. La violenza è una reazione al dolore, e il dolore ci accomuna tutti, ciò che ci distingue è la risposta che cerchiamo di dare. Anche Bianca e Yasmina rispondono in maniera molto diversa: Bianca si chiude in se stessa, Yasmina si attacca ancora più fortemente alla vita. La soluzione viene dal loro incontro. L'amore serve a questo dopotutto...

Come accade spesso alle donne sei una persona ottimista. Yasmina si vuole dare un'altra possibilità: abbandonare il paese d'origine, continuare gli studi, Bianca la incontra "casualmente" e lentamente cresce in lei la voglia di ricominciare. Forse vuoi dire che le donne sono molto aperte verso l'incontro con l'altro, lo straniero e le protagoniste di questa vagheggiata società multietnica. Da questa unione trovano anche l'energia per riscattarsi dal loro destino di violenze e sopraffazione.
Questo si collega al discorso di prima sulla ricerca di altre possibilità, sul non arrendersi. Le donne sono biologicamente predisposte all'accoglienza dell'altro, dello straniero. In fondo quando aspetti un bambino non sai come sarà, te lo porti dentro ma è uno "straniero" con il quale dovrai imparare a convivere, è altro da te. Questo non significa che tutte le donne siano aperte all'incontro... forse la vera differenza è tra chi accetta o no di farsi cambiare la vita da un'altra persona, questo è vero sia per le donne che per gli uomini. In questo momento storico non sembra che le persone siano molto disposte a farsi cambiare la vita, anzi, ognuno è molto attaccato alle piccole cose rassicuranti della propria esistenza. Scrivere è bello anche per questo, è un'avventura, non sai mai esattamente dove ti porterà la storia che stai scrivendo, e quando l'avrai scritta qualcosa in te sarà cambiato.

Parlando di te hai iniziato con i racconti poi sei passata al romanzo. Quando hai capito che ti sarebbe piaciuto scrivere, come sei diventata scrittrice?
Lo so, sembra banale, ma la scrittura mi accompagna da quando sono piccola. Eravamo a Teheran negli anni ottanta, durante la rivoluzione Khomeinista. Rinchiusi in ambasciata perché fuori era pericoloso, c'era la guerra. Il tempo non passava mai così ho iniziato a leggere e poi anche a scrivere. Quando siamo tornati a Roma ero così spaesata che ho continuato a farlo. La letteratura mi ha salvato la vita. Poi ad un certo punto ho capito che ciò che scrivevo doveva diventare di pubblico dominio, non era soltanto un esercizio per mantenere la sanità mentale, era il modo con cui riuscivo (e riesco) ad esprimermi meglio. Pensavo: - se lo faccio da così tanto tempo, attraverso fasi così diverse della mia vita vuol dire che proprio non posso farne a meno -. Qualche volta quando entro in una libreria mi viene un senso di sconforto se penso a quanti hanno scritto prima e infinitamente meglio di me. Eppure, eccomi qui, a giocare con le parole, è una cosa entusiasmante.

Dopo aver scritto si cerca un editore, almeno si prova. Qual è stata la tua esperienza e puoi dare qualche consiglio su come muoversi?
Già. Ci ho messo dieci anni a trovare un editore. E' stata una fatica ma ora posso dire che è stata anche una fortuna. Intanto, perché nel frattempo ho continuato a scrivere in piena libertà (e anche con un po' di frustrazione che non guasta), e poi perché alla fine ho trovato proprio quello che cercavo. La casa editrice E/O è la migliore che mi potesse capitare. La cura con cui si sono dedicati al mio romanzo è una cosa rara ormai. Non so dare consigli su come muoversi perché io non mi so muovere, ma penso che se è davvero quello che vuoi, alla fine ci riesci. E' vero quasi per tutte le cose, per la scrittura un po' di più perché scrivere è faticoso, ti prende un sacco di tempo e di energie e dopo mesi passati davanti al tuo schermo ti alzi e ti chiedi - ma che sto facendo? -. Dunque l'unico consiglio che posso dare è di insistere, ma soltanto se si pensa di non poterne fare a meno, altrimenti ci sono mille cose più utili e divertenti da fare!

I tuoi progetti futuri, tieni nel cassetto un'altra storia da scrivere?
Ho i cassetti pieni, ma forse certe cose è meglio che restino lì... si vedrà.

Tanti cari Auguri dalla redazione di Lettera.com allora!
Grazie a voi, queste domande mi hanno fatto riflettere su molte cose, avrei potuto scrivere pagine e pagine ma spero ci saranno altre occasioni.