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I giorni della paura

Autore: Luca Benedetti
Testata: Pulp Libri
Data: 19 novembre 2009

Questo libro è uno de capitoli della nostra storia più recente, vissuto e scritto in prima persona da un uomo che per raccontare i fatti ne è diventato lo stesso protagonista. Daniele Mastrogiacomo - giornalista di Repubblica e inviato speciale per molti anni nelle zone di guerra mediorientali - il 5 marzo 2007 veniva preso in ostaggio dale forze talebane vicino a Lashkargah, nella provincia meridionale afghana di Helmand; insieme a lui, il suo amico e interprete Ajmal Naqshbandi e Sayed Agha, il loro autista. Molte le implicazioni politiche, le trattative, le petizioni, molti i protagonisti, i talebani, gli italiani, gli inglesi, Gino Strada ed Emergency, molte le telefonate, i dubbi, i video-messaggi inviati dai rapitori, molti i momenti in cui ci si chiedeva come sarebbe andata a finire, fino al rilascio, due settimane dopo. Quella che porta Mastrogiacomo in Afghanista è l'idea di un'intervista con il mullah Dadullah, uno dei capi delle forze armate talebane. Una citazione: "Gli studenti coranici... Voglio conoscerli. Come impone la nostra professione... e raccontare una guerra che il mondo sente lontana." Un'idea complicata, che necessita dei giusti contatti sul posto, e pericolosa, perché può trasformarsi in una trappola. Ma sarebbe sbagliato e riduttivo pensare a questo libro come ad un diario di quello che accadeva nel mondo in quel marzo di due anni fa. In realtà, I giorni della paura è una soggettiva di quel rapimento e di quei giorni di prigionia, momento per momento. Una soggettiva scevra da qualsiasi risvolto e giudizio politico o religioso: solo l'uomo, la terra e le catene. E poi loro, i talebani, con la loro cultura così diversa e lontana dalla nostra, una cultura che Mastrogiacomo - racconta - non può fare a meno di investigare, nonostante le ferite, le minacce, i silenzi, nonostante i suoi carcerieri così enigmaticamente gentili e feroci, nonostante la paura che accompagna tutta la lettura, sempre lì, pronta a scoppiare come una bomba o a brillare come un coltello puntato alla gola. Una paura che si è dissolta solo con il tempo, fino a diventare questa cronaca dovuta, per quel servizio giornalistico mancano, per non tenere tutto dentro, per Ajmal e Sayed che non ce l'hanno fatta e che a casa non sono mai tornati.