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Reincarnation blues: le diecimila vite di Milo. Quando l'aldilà si fa romanzo

Autore: Patrizia Debicke van der Noot
Testata: Mentelocale
Data: 8 marzo 2018
URL: http://www.mentelocale.it/magazine/articoli/75311-reincarnation-blues-le-diecimila-vite-di-milo-quando-l-aldila-si-fa-romanzo.htm

Il nuovo libro di Michael Poore, Reincarnation Blues (E/O 2018, 439 pagine, 18 Euro) è un romanzo, ma anche una favola… o forse uno fantasy o invece magari una prodigiosa storia, se non una chimera che riesce a sheckerare nelle sue tante imperdibili pagine passato, presente, futuro, alti principi, bene, male, filosofia orientale e narrativa popolare.

Poore crea, poi dilata all’infinito lo scenario e servendosi di Milo, il suo sbalorditivo protagonista, ci accompagna in un illimitato universo denso di avventure, di impensabili scoperte: archeologia, storia, geologia, biologia e botanica. Reincarnation Blues è uno strano romanzo che regala sogni, rabbia, però e soprattutto emoziona, rallegra e porta speranza. Insomma un libro di morte che si trasforma magicamente in uno splendido inno alla vita. Ma preparatevi, il percorso di lettura è lungo, e ogni tanto si trasforma in un vero e proprio tour de force sempre costellato però di buon gusto, humour e fantasia.

Protagonista, ma anche vittima e filo conduttore della trama è Milo, un uomo talmente attaccato alla vita da averne già vissute nel corso di ottomila anni quasi diecimila, reincarnandosi addirittura 9995 volte. Milo è una delle anime più antiche dell’universo. (Prima che i razionalisti comincino a tirare fuori logiche e matematiche obiezioni, qui si parla dell’aldilà: dove il tempo è eterno, non esiste, e pertanto tutto sta accadendo in questo preciso momento).

Dicevamo reincarnazione, infatti ogni entità vivente (animale vegetale e minerale), in questo mondo ideato da Poore, può fruire di 10 mila vite o cicli della rinascita per arrivare alla Perfezione, insomma a quell’Illuminazione o stato di beatitudine che consenta di confluire nell’Anima universale o SuperAnima. Se non ci si riesce, la sua letale e conclusiva sconfitta, lo piomba in una specie di buco nero che finisce nel Nulla. Lo schema di Reicarnation Blues è quello classico della dottrina della reincarnazione: si entra in un corpo, si vive la propria vita e si muore. All’arrivo nell’aldilà ci si rende conto se si è migliorati o peggiorati e, oibò, in quale forma (migliore o peggiore) si avrà diritto di rinascere. La maggior parte degli esseri per arrivare alla SuperAnima ci mette un certo numero di vite, mentre alcuni come il i Buddha, ma qui siamo al top dei top, ne hanno vissuta una sola.

Milo però che ama il cambiamento, invece di cercare di raggiungere la perfezione (o nirvana), che francamente gli sembra una sistemazione noiosa o peggio una specie di condanna, incurante degli infiniti alti e bassi del percorso preferisce continuare a vivere una vita dopo l’altra, rimanendo nel ciclo della reincarnazione. Anzi pare proprio stregato da questo suo continuo tran tran di morte e rinascita. In realtà è rimasto stregato dalla Morte, o meglio da una impersonificazione della Morte dalle eteree fattezze di una donna e che si fa chiamare Suzie, con cui mantiene un’effervescente ed erotica relazione.

Ciò nondimeno quello che ancora Milo non ha ben capito è che questo suo carosello di morte-vita non è destinato a durare in eterno. Anzi si sta paurosamente avvicinando il momento in cui il ciclo a sua disposizione si esaurirà e se nelle cinque vite che gli restano (e che potrebbero servirgli per salvare se stesso e, forse, il genere umano) non scoprirà la perfezione, sarà cancellato per sempre.

Reincarnation Blues ci porta ovunque, dall’antica India a un’angosciante colonia penale posta su una lontana galassia del futuro, con soste a Vienna durante l’attacco dei Turchi, sul Sole e nell’Ohio. Vivendo ogni tipo di esistenza immaginabile. Quasi ogni capitolo racconta una o più vite di Milo, che è stato il bambino di uno sperduto villaggio asiatico scaraventato da un dirupo, oppure un placido surfista dei nostri giorni che finisce i suoi giorni divorato da uno squalo affamato, o un discepolo di Buddha che per far sopravvivere il “mito” avvelena se stesso e il maestro con dei funghi velenosi, o ancora uno straordinario giocoliere che vuole lanciare in aria un elefante, uno psicopatico anaffettivo con la fissazione dei fucili o (e forse questo è il capitolo più bello, quasi un romanzo a sé) un ragazzino del futuro con incredibili poteri telecinetici che riesce a sopravvivere ai disumani soprusi di una colonia penale nello spazio.

Episodi tristi, o macabri magari, ma che possono diventare brillanti e persino lieti se si è in grado di apprezzare l’assurdo, l’umorismo, l’anarchia filosofica e il fatto che in realtà ogni vita è una condanna a morte, e che può essere resa degna di essere vissuta solo da quanto scegliamo di dire e fare tra il primo giorno e l’ultimo.

Milo assume tante identità, ha svariate abilità, vive tanti amori, subisce strazianti dolori e addirittura ogni tanto rinasce in forma animale o vegetale. Ma ogni volta dovrà fare i conti con: l’asma che lo tormenta e la sua cronica incapacità di comprendere quale sia l’importanza della Perfezione.

Reincarnation blues è un libro godibilissimo in cui Michael Poore con continue capriole di immaginazione e d’inventiva si diverte e diverte, con le pagine che scorrono veloci, coinvolgenti ed esilaranti come non dovrebbe essere per un libro dedicato alla morte. Anzi a guardar bene a tantissime morti. Invece Poore ci riesce e come un giocoliere fa danzare in aria il diletto con i sentimenti, la tragedia con il soprannaturale e l’inconcepibile con la capacità di accettare.

Parla di morte, regalando al lettore divertenti suggestioni, sbizzarrendosi a descrivere cosa si possa aspettarsi al di là (Una città sul fiume? In sfilza di villette a schiera, una specie di baraccopoli? Oppure?) che potrebbero dare nuovo impulso alla nostra concezione dell’essere. O spingerci come fa Milo, il suo protagonista, a mirare a ogni costo alla Perfezione? All’unica scelta giusta, che lo salverà dal grande Nulla? Mentre forse l’unica certezza dovrebbe essere: riconoscere sempre, ovunque, in qualunque vita il volto della persona amata.

Negli ultimi tempi si stanno moltiplicando i romanzi ambientati nell’aldilà, che trattano il tema con ironia (vedi Saunders con il suoLincoln nel Bardo, ecc.) e il sereno distacco del postmoderno (Cervantes e Don Chisciotte insegnano). Oibò non sarà che l’aldilà stia diventando qualcosa di più di un espediente letterario? Le società tradizionali affrontano la paura della morte con il conforto delle religioni e quindi ci offrono variazioni sul tema del possibile dopo: paradisi eterni, reincarnazioni, fasi di attesa, di passaggio… Insomma dovremmo confrontarci con l’aldilà? Forse non sarebbe un male perché oggi la morte viene temuta e rimossa dalla nostra vita di tutti i giorni. La nostra società, laica e disincantata, l’affronta, facendone un tabù. Ma ciò che vorremmo rimuovere, spesso torna alla carica pronto a inquietarci quando meno l’aspettiamo.