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Il perdono è la più sottile delle vendette

Autore: Stefano Feltri
Testata: Il Fatto Quotidiano
Data: 25 maggio 2018

La capacità di perdonare è la più cristiana delle virtù, il congedo del Cristo dalla croce: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno”. Eppure – in un ribaltamento che il Vangelo non contempla – può diventare anche crudeltà suprema perché il perdono è un atto unilaterale di fronte al quale ci si trova inermi: non si può rifiutare, non si può contraccambiare perché, di solito, i torti stanno più da una parte che dall’altra. È soltanto la vittima che può perdonare il carnefice, mai il contrario.

La cronaca è piena di storie esemplari di figli che perdonano l’omicida dei genitori, o di genitori che abbracciano chi ha sterminato la loro prole. Sono fenomeni incomprensibili a chi non è direttamente coinvolto che vengono di solito osservati con muta ammirazione per chi, grazie a una terribile sofferenza, pare aver raggiunto una saggezza superiore che diventa generosità all’apparenza senza limiti. Il nuovo libro di Eric-Emmanuel Schmitt insinua invece un terribile dubbio: si non di bontà si tratti, ma che la remissione dei peccati nasconda La vendetta del perdono, come da titolo di questa raccolta di quattro racconti appena uscita per le edizioni E/O (elegante traduzione dal francese di Alberto Bracci Testasecca). Lo scrittore franco-belga, prolifico ma mai commerciale, costruisce trame diverse che si possono raccontare soltanto in parte senza compromettere l’esperienza del lettore, ma hanno un tratto comune, anzi due. Il primo è quello di prevedere come momento di svolta della trama un gesto di perdono: reale, mancato, auto-concesso, che genera conseguenze sempre differenti d a l l ’ a t t e s a p a c i f i c a z i o n e . L ’ a s s o l u z i one non è, come nella tradizione cattolica, un nuovo inizio bensì un ribaltamento dei ruoli, la restituzione alla vittima di quel potere e di quel controllo di cui era stata privata. Una madre va a trovare in carcere il serial killer che le ha portato via la figlia dopo averla violentata. Non è un gesto caritatevole: soltanto il perdono può restituire umanità. E la condizione umana è la premessa per la sofferenza.

Il secondo tratto comune dei quattro racconti è il loro livello meta-letterario: attingono al canone dell’immaginario occidentale per ribaltarne gli schemi, così come il perdono stravolge i rapporti di forza. C’è il grande classico delle gemelle che si scambiano il fidanzato, c’è Madamina Butterfly, trama simile all’opera di Puccini con esiti diversi ma non meno tragici, c’è Il Piccolo principe di Antoine de Saint-Exupery che diventa lo sfondo della scoperta di un peccato sconosciuto perfino a chi lo aveva commesso.

La struttura narrativa rivela la familiarità di Schmitt con la scrittura teatrale: sono i dialoghi a definire l’azione, tutto passa per la forza delle parole che può essere altrettanto devastante quanto quella delle azioni più violente. E la sola cosa più devastante che rivelare segreti indicibili custoditi troppo a lungo è ricevere parole di perdono. Convivere con l’odio altrui è possibile, molto meno con la consapevolezza della propria inferiorità morale.