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Qual è la via del vento

Autore: Maria Tortora
Testata: Lankenauta
Data: 1 dicembre 2018
URL: https://www.lankenauta.it/?p=16130

“Un’infinità di persone, quante saranno? Decine di migliaia. Armate di bastoni, scimitarre, coltelli, spranghe, pietre, sciamano a ondate dalla città vecchia. Sotto i loro passi la terra sussulta. Grida tuonano nell’aria tiepida, inneggiano alla guerra santa, a Nasser, il rais egiziano. Avanzano inarrestabili, neppure la polizia riesce a contenerle. Alcune automobili precedono le colonne umane e dai finestrini aperti, dritti in piedi sui cofani, sui tetti, uomini col megafono scandiscono, con voce ormai rauca, parole che la folla fa sue: «Morte ai cani ebrei»“. Una scena letta già mille volte e mille volte da leggere. Una folla inferocita e incontrollata che cerca i “cani ebrei”. Siamo nel giugno del 1967 a Tripoli ed è in atto quella che è passata alla storia come la Guerra dei sei giorni. In Libia la situazione sfugge di mano persino a re Idris che non sa e non può fermare l’ondata di odio antisemita che scatena gravi violenze contro gli ebrei che da decenni abitano nel Paese. Tanti sono costretti a nascondersi e ad abbandonare come possono, se possono, le loro case, i loro amici, il loro lavoro.

Accade anche a Ruben e Virginia Cohen. Devono mettersi al sicuro, sfuggire al pericolo e, soprattutto, devono cercare di riportare a casa la loro bambina Micol che era andata a scuola, dalle suore, come ogni giorno. In classe l’annuncio dello scoppio della guerra arriva come un fulmine a ciel sereno. “Le solite guerre tra arabi ed ebrei. Non è un problema nostro… non ce l’hanno con noi“, spiega il padre di uno dei bambini. Micol rimane da sola. Nessuno viene a prenderla e le suore si limitano a offrirle una doverosa ma forzata accoglienza: è pur sempre un’ebrea e ospitare ebrei non è sicuro per nessuno. Micol è una bimba timida, indecisa e impacciata. Niente a che vedere con Leah, la sorellina di cui nessuno parla più ma che tutti ricordano con amore, la sorellina morta chissà come prima che lei nascesse, la sorellina che Micol ha trasformato in una stella del cielo e in un fantasma con cui poter giocare a nascondino.

Una storia tutta familiare, quella di “Qual è la via del vento”. La storia di ebrei di Libia rimasti incastrati in un Paese in guerra che non li tollera più. Le famiglie d’origine di Ruben e di Virginia riparano in una casa di campagna dove la convivenza, nell’attesa di ottenere i documenti per poter fuggire, si fa spesso complicata. Genitori, suoceri, figli, nuore e nipoti vivono momenti di tensione e di nostalgia, preoccupazioni e ricordi. Finalmente Alì Fiallah, storico amico arabo di Ruben, piuttosto vicino a re Idris, riesce a far partire la famiglia al completo. Nel 1967 tanti ebrei libici prendono un aereo per l’Italia, costretti a lasciare tutta la loro precedente esistenza lì dove la guerra l’ha intrappolata e ritrovarsi altrove a vivere da profughi.

La Libia del 2004 è molto diversa da quella del 1967. C’è un uomo, Mu’ammar Gheddafi che, nel 1969, dopo un colpo di stato, è stato nominato presidente della Repubblica Araba di Libia e governa ininterrottamente da allora. I decenni sono passati, Ruben è morto troppo presto anche per colpa di una malinconia che dopo la fuga da Tripoli gli ha cancellato ogni fervore. Micol è cresciuta ed è diventata avvocata come il suo nonno materno desiderava. Ed è proprio a lei che un gruppetto di anziani esuli tripolini si rivolge per poter avviare un confronto col governo libico che, in un’ottica di avvicinamento all’occidente, sembra voglia restituire a gli ebrei quanto perso a causa della Guerra dei sei giorni. Micol, per la prima volta dopo alcuni decenni, torna nella terra in cui è nata e da cui è stata cacciata insieme ai suoi familiari. Un ritorno che per l’ex una bambina timorosa e incerta di un tempo diviene occasione per capire meglio chi è, da dove viene e, soprattutto, di conoscere più profondamente il mistero di quella sorellina che mai ha visto.

Un romanzo ben costruito “Qual è la via del vento”. Una storia che, a quanto pare, ha dato modo alla Dawan, nata a Tripoli e, come Micol, fuggita nel 1967 a causa della guerra, di raccontare anche qualcosa di sé e della sua infanzia. Soprattutto “Qual è la via del vento” consente di soffermarsi su accadimenti storici poco noti o solitamente poco ricordati. Degli ebrei di Libia perseguitati e quindi cacciati dalle loro case e dal loro Paese, infatti, non si conosce granché e un romanzo come questo può forse colmare qualche lacuna illuminando e descrivendo un momento storico rammentato da pochissimi. La narrazione è elegante e delicata, sembra riproporre i modi del romanzo classico: nessun eccesso, nessuna frivolezza, nessun gioco stilistico. Quello che conta, qui, è la vicenda in sé, la necessità di ricostruire in forma letteraria vicende lontane e per lo più cadute nell’oblio.