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Il processo ad Ahmet Altan? Una drammatica farsa

Autore: Orlando Trinchi
Testata: Left
Data: 1 febbraio 2019

Come ama ripetere Ahmet, la legge dorme ma poi si sveglia sempre. Ora la legge sta dormendo, ma presto si risveglierà». Fa professione di ottimismo, nonostante la deriva autoritaria e liberticida che si è imposta in Turchia, la giornalista e attivista Yasemin Çongar, compagna di Ahmet Altan, che lo scorso 2 ottobre, insieme al fratello Mehmet e ad altri quattro sospettati di terrorismo, si è visto confermare, da parte della Corte d’appello di Istanbul, la condanna all’ergastolo con l’accusa di aver tentato di rovesciare l’ordine costituzionale tramite «messaggi subliminali» e di appoggio all’organizzazione gulenista Fetö, considerata regia occulta del fallito golpe avvenuto nel luglio 2016. In Italia la produzione dello scrittore e giornalista turco è pubblicata dalle Edizioni e/o Scrittore e assassino (2017), Ritratto dell’atto di accusa come pornografia giudiziaria (2017),Tre manifesti per la libertà e Come la ferita di una spada (2018) e da Solferino, Non rivedrò più il mondo (2018).

Çongar, Ahmet Altan ha evidenziato l’arbitrarietà e falsità delle accuse a lui rivolte. In Turchia la giustizia è definitivamente compromessa?

Seguire processi come quello di Altan e Mehmet è come assistere a uno spettacolo. Sono presenti tutti gli elementi costitutivi di un processo giudice, accusa, difesa ma quasi mai le prove. Ciò che sentenzia l’accusa, le stesse identiche parole, finisce poi nel verdetto del giudice. Ai livelli più alti Corte costituzionale, Corte di appello le Corti non sono tanto compromesse quanto a quelli inferiori, dove dimostrano di essere molto più politicizzate. Nel caso di Mehmet, la Corte costituzionale ha riscontrato la violazione dei suoi diritti fondamentali, in linea con quanto appurato dalla Corte europea.

Quando sarà il prossimo passo della vicenda giudiziaria di Ahmet?

Speriamo fra tre mesi. La Corte costituzionale può sempre emettere verdetti riguardo presunte violazioni ma non sulla sentenza in sé.

È ottimista al riguardo?

Devo esserlo.

Altan è stato accusato di aver tramato per il colpo di Stato: non si era tuttavia sempre espresso contro le connivenze tra politica ed esercito?

Assolutamente. È ben nota la sua ferma opposizione ai colpi di Stato di matrice militare. Riguardo al discorso per cui è stato accusato, Altan stava infatti avvertendo Erdogan di non adottare talune azioni politiche in quanto avrebbero poi spianato la strada a un colpo di Stato militare. Si tratta di un evidente paradosso: Ahmet è stato accusato di aver supportato il colpo di Stato per aver avvertito Erdogan di non compiere scelte che avrebbero condotto proprio al suddetto colpo di Stato.

In un suo scritto, Ahmet Altan rilevava la possibilità di una grave crisi economica alle porte, che successivamente è arrivata. Lo scrittore riteneva che a quel punto ci sarebbe stata una sollevazione popolare contro le politiche di Erdogan. Perché, a suo avviso, questa sollevazione non è avvenuta?

La maggior parte della popolazione non ha ancora avvertito pienamente l’impatto della crisi economica. Esistono inoltre alcuni impedimenti sensibili, fra cui quello di riuscire a dare voce al proprio dissenso, a causa delle incriminazioni e degli arresti. L’unico modo per esprimere le proprie opinioni è attraverso il voto e presto si terranno le elezioni locali. Abbiamo sia un problema di governo che un problema di opposizione, in quanto, fatta eccezione per il partito dei curdi (Hdp), non esiste nel Paese una formazione politica di sinistra forte e coesa. Erdogan è ancora alla ribalta perché è l’unico leader in Turchia capace di parlare alle masse e, siccome non vi sono al momento alternative credibili, la gente continua ad appoggiarlo.

Cosa ne pensa della posizione degli intellettuali oggi in Turchia? Erdogan è riuscito nel suo tentativo di assimilarli ai propri scopi?

Non del tutto. Vi sono molti che si oppongono, pur fra evidenti difficoltà. Numerosi intellettuali hanno lasciato il Paese e io non mi sento di criticarli, nonostante ritenga sia ora molto importante restare e cercare in qualche modo di fare opposizione.

Crede che l’Europa stia facendo abbastanza a favore della giustizia e della libertà in Turchia?

L’Unione europea non sta facendo abbastanza. Sono da sempre una grande supporter della Ue e credo fermamente che una Turchia democratica dovrebbe entrare a far parte di essa. Penso però che i Paesi che costituiscono la Ue dovrebbero dire la verità circa quanto sta avvenendo in Turchia, non coprire i fatti in ragione di qualche accordo in materia di economia o di immigrazione. Tra l’altro, i fenomeni che si stanno affermando nell’Ue anti-islamismo, xenofobia, ecc... risultano sicuramente molto pericolosi. Credo che i Paesi e le istituzioni europee dovrebbero confrontarsi con la nostra Turchia e riconoscerla per quella che è: un Paese con una grande storia nell’alveo europeo ma anche con ingenti problematiche, e quindi sfidarla ad abbracciare la legalità e la democrazia.