Login
Facebook
Twitter
Instagram
Newsletter

Ebrei in fuga dalla Libia, i sapori della terra perduta

Autore: Lorenzo Cremonesi
Testata: Corriere della Sera
Data: 10 marzo 2019

Domina soprattutto la struggente, intima, delicata memoria-nostalgia per i sapori, i colori, i profumi, i rituali della comunità ebraica della Libia perduta dell'infanzia in questo nuovo romanzo di Daniela Dawan, Qual è la via del vento (e/o), al quale sarà dedicato un evento domani sera a Milano al Teatro Franco Parenti (Caffè Rouge, ore 21, con letture di Roberta Lidia De Stefano).

Nel libro, i dolci al miele della cucina ottomana, i merduma e makud di peperoni e pomodori, i burik con carne e uova sode, il caffè nero, il mischiarsi fortunato della tradizione culinaria sefardita con i piatti arabi e quelli degli italiani arrivati dopo il 1911 fanno da sottofondo al racconto, arricchendolo di sincera gioia e terrena sensualità anche nei passaggi più drammatici.

Passaggi che non mancano affatto. Anzi, il tema di fondo è tragico, molto reale nella sua immediatezza. Impossibile non cogliere il doloroso vissuto autobiografico dell’autrice del romanzo nei fatti narrati attraverso gli occhi del personaggio centrale: Micol Cohen, la bambina che già nelle prime pagine è costretta a nascondersi nel monastero delle suore italiane a Tripoli, dove va a scuola, per sfuggire ai pogrom.

La Dawan aveva 10 anni nel 1967, quando con la famiglia fu costretta a fuggire in Italia dalla Tripolitania violenta della «caccia agli ebrei» in risposta alla vittoria israeliana nella Guerra dei Sei Giorni. Però il libro ha più letture. A quella della persecuzione degli ebrei sefarditi nella Libia post 1945 si aggiunge la sincera malinconia per quel mondo perduto.

Non mancano i casi di amori tra ebrei e arabi, ma neppure le frizioni tra ebrei italiani laicizzati arrivati assieme ai circa 120 mila connazionali ammaliati dalle promesse del colonialismo fascista, e invece i discendenti dell’antica comunità ebraica locale radicata a quella regione sin dai tempi del regno di re Salomone.

Nel finale Micol, diventata avvocato (come la Dawan reale) fa parte della delegazione di ebrei libici invitati da Gheddafi nel 2004 per la restituzione dei loro beni con l’offerta di un loro ritorno di massa. Ma in quella visita lei troverà soprattutto risposte alla questione cardine di tutta la sua adolescenza.