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È il giardino dei tarocchi a Capalbio la via di fuga da sesso, affari e droga

Autore: Mirella Serri
Testata: La Stampa Tuttolibri
Data: 6 luglio 2019

Era una calda estate del 1941 nel New England. La seconda dei cinque figli della sofisticata attrice Jeanne Jacqueline Harper e di André Marie Fal de SaintPhalle, Catherine Marie-Agnès, aveva 11 anni quando il padre le chiese di accompagnarlo nel capanno degli attrezzi della loro grande villa. Lì il religiosissimo e aristocratico papà banchiere violò la sua innocenza e determinò la sua vita. Da allora la bellissima Catherine, la cui foto quando aveva 22 anni trionfò sulla copertina di Vogue, divenne preda di gravi disturbi psichici e visse come in una cappa oscura, fitta di presagi di morte. Catherine, con il nome d'arte di Niki de Saint Phalle, poi è diventata la maggiore scultrice del Novecento anche grazie al suo capolavoro: il Giardino dei Tarocchi, nei pressi di Capalbio. Adesso Niki, insieme a una folla di altri personaggi, è una delle protagoniste del suggestivo romanzo di Lorenza Pieri, Il giardino dei mostri.

L'autrice che è cresciuta in Maremma (a cui è dedicato il suo libro d'esordio tradotto in più paesi e che ha meritato il premio internazionale Capalbio per il territorio) si è poi trasferita a Washington. Adesso questo suo ultimo romanzo utilizza Capalbio e lo splendido sito dove oggi trionfano le 22 statue giganti di Niki, fatte di vetri e di ceramiche ispirate alle figure degli arcani maggiori, come uno specchio in cui si riflettono le trasformazioni dell'intera penisola. I vip e i radical chic che nel racconto hanno scelto come buen retiro quella che un tempo veniva chiamata la Piccola Atene hanno brame di ricchezze e di quattrini. Ma il racconto della Pieri non coltiva il mito del buon maremmano inteso come il contadino innocente e desideroso di tutelare luoghi veramente magici. Al contrario, le ambizioni dei cinici abitanti locali sono pari a quelle dei «gonzi» che vengono dalla città.

Siamo alla fine degli anni Ottanta e tre storie s'intrecciano: quella di Niki, che ha designato Garavicchio come luogo di elezione per la sua espressione artistica: quella di una famiglia capalbiese, i Biagini - composta dalla bellissima Miriam, da Sauro gran tombeur des femmes maremmane e non solo, e da due figli, lo scapestrato Saverio e la timida e intelligente Annamaria - e quella dei Sanfilippo. I rudi Biagini e gli eleganti Sanfilippo finiscono per mescolarsi e confondersi, legati da un giro di sesso, di affari e di droga. Il libro è tutto un susseguirsi di colpi di scena. Sauro Biagini, buttero sanguigno e allevatore di cavalli, è pronto a farsi furbo e a cogliere al volo le richieste dei villeggianti. È stupito che i Sanfilippo possano desiderare di affittare un casale come il suo, pieno di spifferi e senza luce elettrica, dotato solo di un generatore di corrente. Alla maniera del guardiacaccia amante di lady Chatterly, il cavallerizzo viene coinvolto in una vicenda di eros con Giulia Sanfilippo, sofisticata docente universitaria. Nonché moglie del parlamentare corrotto e spregiudicato che, dopo aver acquistato casa a Capalbio, entra in affari con Sauro dando vita a un ristorante e al Cavallo Marino (ovvero allo stabilimento balneare che evoca il noto bagno della zona). Annamaria, figlia di Sauro e di Miriam, quindicenne per nulla attraente e assai poco aggraziata, colta, innamorata dell'arte ma capace di parlare soprattutto in maremmano, è il centro della storia: in questo tourbillon di interessi, l'adolescente conserva una sua autenticità e finirà per cercare consigli e aiuto in Niki che con il suo compagno Jean Tinguely si è trasferita a Garavicchio.

A fare il primo passo perché alla scultrice venisse concesso l'enorme appezzamento di terreno distante dieci minuti di automobile dal mare e anche da Capalbio era stata donna Marella Agnelli. La consorte di Gianni aveva convinto i fratelli affinché la grande artista vi potesse edificare il monumento alla bellezza in cui sublimare la sua sofferenza. Annamaria, presa di mira e bersagliata dai compaesani, individuerà nel rapporto con lei la via di fuga dal suo personale dolore. Il romanzo della Pieri è un inno al potere dell'arte balsamo per i cuori tormentati e confusi. Mentre Niki si sta spegnendo lentamente con i polmoni corrosi dalle polveri chimiche che usa per impreziosire i suoi «mostri» giganti, a Capalbio imperversa il conflitto tra due classi sociali, tra un mondo rurale in espansione e l'esercito dei «cittadini-colonizzatori». Il finale a sorpresa ci fa capire che l'Italia del secolo che avanza è territorio di conquista degli italici «mostri» ovvero degli imbroglioni e dei corruttori.