“La Russia è l’unico posto sulla terra con una lingua che è diventata la lingua della menzogna: in Russia è vietato dire la verità e neanche la guerra può essere chiamata col suo nome. Per dire la verità in russo devo andarmene dalla Russia”. Questo fa Valerij Panjuškin: osserva, raccoglie storie di profughi, e come i profughi di cui scrive a un certo punto se ne va anche lui, ma dal paese che la guerra l’ha dichiarata.
Le storie raccolte in questo volume sono storie di fatica, di dolore, di smarrimento, di rabbia. E di menzogna. Sono le storie di chi tace per non fare i conti con la disillusione, quelle di chi parla perché non può fare altrimenti, quelle – tante – di chi aiuta nonostante tutto e tutti, nell’ennesima declinazione di quella bontà spesso illogica che la letteratura russa conosce e declina da qualche decennio.
Valerij Panjuškin
Valerij Panjuškin è nato nel 1969 a Leningrado. Ha lavorato come inviato speciale per i giornali Kommersant e Vedomosti e tiene regolarmente una rubrica sul giornale Gazeta.ru. Per la sua attività di giornalista ha ricevuto il premio “Penna d’oro di Russia”. Vive a Mosca, dove lavora come corrispondente per la rivista Snob.