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Pulcinella e la voglia di riscatto. Il romanzo di Massimo Torre e il ritorno della maschera

Autore: Antonio Fresa
Testata: Menti in fuga
Data: 1 gennaio 1970

Il potere è stato da sempre il nemico di Pulcinella, di questa maschera che si muove tra l’ironia e il dileggio dei potenti.
In effetti, Pulcinella non ha mai fatto davvero paura, perché il suo ruolo era quello d’indicare i vizi dei potenti o le stranezze dell’umanità, muovendosi tra una suggestione di follia e un’incapacità ad adattarsi.
Puntuale, poi, la maschera sapeva rintanarsi in una sorta di malinconia o di silenzio quasi sdegnato.
Insomma, si potrebbe dire che a creare i suoi versi (giochi e sberleffi) è stata sempre la semplice indignazione.
Perché, dunque, aver paura di Pulcinella?
Chi ha paura di Pulcinella? È il romanzo d’esordio di Massimo Torre.
Questo giallo è anche il primo di una serie che prevede, come prossime uscite, Uccidete Pulcinella, La Giustizia di Pulcinella, Pulcinella sotto terra.

Citazione 1
Quel giorno faceva molto caldo e si era appena agli inizi di giugno. La canicola già opprimeva oltremisura e la gente se ne lamentava a ogni piè sospinto. Le bancarelle di via dei Vergini erano quasi deserte alle tre del pomeriggio. I pochi avventori avevano l’aria di essere più alla ricerca di ombra che di merce da infilare nelle buste di plastica biodegradabile.

Torre ci propone un Pulcinella nuovo e diverso: la maschera serve a coprire la fame di giustizia di chi è stanco di sopportare i soprusi e la violenza.
Un giallo che è ambientato fra le strade della Sanità, popoloso quartiere di Napoli, e tra i misteri del sottosuolo partenopeo.
Nel quartiere, dove incontrastato regna il potere di una spietata famiglia di camorra – il clan Sparaco –, inizia a diffondersi l’ammirazione per il nuovo Pulcinella che sa appunto affrontare i membri del clan.
I suoi attacchi sono violenza pura, che riduce i malcapitati in una stanza d’ospedale. I suoi interventi mettono in atto una sorta di rituale che mira alla presa in gira e al dileggio.
Chi è questo nuovo Pulcinella? Che cosa lo spinge a tali azioni?
Un Pulcinella moderno che sa usare alla grande i computer e tutta la nuova tecnologia; un Pulcinella che è in grado di tenere sotto controllo l’intero quartiere con le sue telecamere; un Pulcinella che ha realizzato nei meandri del sottosuolo napoletano un bunker da cui controllare il territorio.
Il cuore di questo redivivo Pulcinella non può resistere all’amore per Rosa, una donna bellissima, presa di mira dal figlio del capoclan: un amore poetico e semplice perché Rosa e Pulcinella sono gli unici non rassegnati in una città per molti versi piegata e stanca.
Compiamo anche noi, cari lettori, piccole acrobazie per raccontarvi e invitarvi alla lettura senza troppo dirvi, senza troppo svelarvi, senza troppo sottrarre al piacere della scoperta di questa vicenda narrata da Torre con continue intersezioni fra i diversi piani della vicenda.

Citazione due
Accese un monitor e vide l’esterno del suo nuovo negozio, al civico 5 e 6 di via Arena della Sanità. Poi ne accese un altro che invece inquadrava via dei Vergini. Notò una macchina della polizia in sosta. La osservò per qualche minuto, poi spense tutto, tirò giù una scala pieghevole e vi salì. All’altezza del soffitto aprì una botola, l’ennesima, che lo introdusse direttamente nel negozio.

Il sottosuolo di Napoli è vasto e costituisce una sorta di città sotto la città. Pulcinella sa muoversi nel sottosuolo napoletano con velocità e immediatezza.
Si muove nello stesso mondo di sotto, dove il clan Sparaco ha creato il bunker per i propri loschi affari e le celle in cui custodire i prigionieri.
Due sembrano gli elementi più peculiari della rilettura che Torre propone della maschera di Pulcinella: il primo è che l’atavica fame della maschera, diventa fame di giustizia e volontà di battersi; il secondo è l’uso della violenza per battere la violenza.
Per battersi, questo nuovo Pulcinella si cala al livello dei “cattivi”, non s’innalza più con la distanza dell’ironia; si cala anche nel sottosuolo della città per combattere in una sorta di “ventre di Napoli” che sembrava capace di digerire e metabolizzare qualunque sopruso e violenza.