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Due fratelli e due destini tra Uber e la Siria

Autore: Leonardo Martinelli
Testata: La Stampa Tuttolibri
Data: 7 settembre 2019
URL: https://www.lastampa.it/2019/09/07/cultura/due-fratelli-e-due-destini-tra-uber-e-la-siria-mUHDjnf1Y5qgw0maZnuMsL/premium.html

Romanzo d’emozione, dalla scrittura nervosa e diretta, Fratello grande, di Mahir Guven, è stato una rivelazione in Francia. Qualcuno l’ha definito «Uber contro Isis», quasi fosse quello il destino inesorabile della periferia parigina, l’unica alternativa possibile. È l’epopea di un fratello maggiore, autista per quelle vetture, e del più piccolo, infermiere di talento che se ne va in Siria per fare il volontario in una Ong attiva nei territori dello Stato islamico (ma le cose non saranno così semplici).

«Un taxi per cavallo, la lingua come arma, le guance belle cariche di parole da sparare addosso agli stronzi, e due figli a mo’ di scagnozzi. Uno partito per il Far East. L’altro seduto alla sua tavola». Così scrive Fratello grande a proposito del padre, un siriano trapiantato da anni in Francia, che fa il tassista, mentre lui l’ha tradito per Uber. Fratello grande vaga per una Parigi perlopiù periferica: si va dalla descrizione dei fanatici dell’islam (« più sono grassi e più scassano la minchia agli altri con la religione. Uguale le ciccione»), fino allo stressato giovane rampante di una start-up («il tipo aveva l’espressione di uno che ha appena perso i Mondiali di calcio. Occhi cerchiati, sguardo perso, palpebre cascanti. Come Domenech quando Zidane ha dato la testata a Materazzi»).

Per lui tutto è colpa dei giornalisti («hanno la cataratta. Quelli oggi dall’ufficio non escono più. Se ne stanno col culo sulla sedia, a digitare sulla tastiera per dei siti Internet»). Macron, invece, campione della liberalizzazione (anche contro i tassisti), piace a Fratello grande («è un ex banchiere, un tipo tosto, che ha capito cosa vogliono i giovani»). Meno ironici e più assorti (e intensi) i brani del Fratello piccolo, vedi il ritratto dei guerriglieri francesi nello Stato islamico, che trattano le povere popolazioni locali «malissimo, di nascosto li insultavano, gli dicevano che erano dei bifolchi, degli ignoranti. Ragazzi di banlieue che si comportavano come dei coloni».

Guven, l’autore del libro, è nato a Nantes da madre turca e padre curdo. Ed è stato apolide, senza patria, fino all’età di dieci anni, prima di diventare definitivamente francese. Ha fatto studi universitari di economia, ma dai 14 anni ha inanellato i lavoretti più strani, compreso lavavetri, raccoglitore di mughetti nei campi e consigliere assicurativo a distanza. Una diversificata esperienza di vita che sicuramente lo aiuta nelle descrizioni di situazioni e personaggi tra i più vari.