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“Fratello grande” di Mahir Guven

Autore: Elisabetta Bolondi
Testata: Sololibri
Data: 26 settembre 2019
URL: https://www.sololibri.net/Fratello-grande-Guven.html

Un campo di calcio dove giocano giovani immigrati di seconda generazione, nella periferia parigina. Questa la copertina del bel romanzo Fratello grande (E/O, 2019, traduzione di Yasmina Mélaouah) di Mahir Guven, esordiente, ma subito affermatosi come vincitore del Goncourt nel 2018, che nel raccontare la storia dei due fratelli nati e cresciuti in Francia, da madre morta precocemente e da padre tassista legato al sindacato, serissimo e obbediente alle leggi del paese che lo ha accolto, prendono strade opposte.

Il maggiore dei due fratelli, l’io narrante nella maggior parte delle pagine del testo, è un tassista di Uber, ben vestito e di bella presenza, fumatore di erba e non solo, perennemente attaccato alla radio della sua auto che ospita i più svariati clienti. A causa di qualche precedente per spaccio, pur di non finire in galera, è diventato un confidente della polizia. Da anni suo fratello minore di due anni, con cui ha condiviso l’infanzia, è scomparso. Era un infermiere, deciso forse a iscriversi a medicina, ma consapevole che per gli immigrati la strada sarebbe stata troppo dura, decide così di seguire un medico che lavora in Siria, per una organizzazione umanitaria islamica. Così, senza avvertire nessuno, si dilegua senza dare più notizie al padre e al fratello. Idealista, convinto di poter dare una mano nella guerra terribile che in Siria, luogo d’origine della famiglia, sta uccidendo innocenti a milioni, comincia a lavorare in un improbabile ospedale privo delle più elementari dotazioni sanitarie. Mentre si fa le ossa, operando, curando, ricucendo, viene irretito dalla ideologia delirante jihadista, che vede nell’Occidente la causa di tutti i mali e finisce per divenire un potenziale terrorista. In Francia c’è stata la tragedia di Charlie Ebdo e quella del Bataclan, la polizia è in allertata, la sicurezza stringe le sue maglie, ma malgrado ciò il giovane barbuto fratello minore riesce a tornare in patria: per caso suo fratello lo intravede, i due si ritrovano, ma…

Il finale di Fratello grande è complesso e inquietante, perché ci racconta da un punto di vista estremamente originale cosa si muove nella testa di questi ragazzi francesi, ma non del tutto, le pressioni a cui sono sottoposti, le contraddizioni che vivono, gli sbagli che commettono, i sentimenti che si agitano nei cuori di persone sradicate, che non riescono ad essere padroni di loro stessi né nel luogo originario né nella patria d’adozione. I caratteri, le paure, i dubbi dei due fratelli, l’amore per la mamma morta troppo presto, l’impegno nella società così opposto, i rischi che corre chi per affetto tenta di coprire ideologie che portano alla distruzione, tutto si mescola nel romanzo di Mahir Guven. Fratello grande è un affresco sociale di stringente contemporaneità, dove noi lettori facciamo finalmente i conti con la testa di chi, pur se perfettamente integrato, padrone di lingua e cultura, di servizi sociali avanzati e privilegi acquisiti, si trova di fronte a bivi di natura etica, che nel libro sono raccontati con finezza e profondità.